Due ragazze, entrambe decedute, entrambe “fatte fuori”. Di Yara Gambirasio, di cui si persero le tracce il 26 novembre 2010 dopo essere uscita dalla palestra, conosciamo tutti l’epilogo: il suo corpo, privo di vita, venne ritrovato diversi mesi dopo, e per pura casualità, da un aeromodellista, in un campo di Chignolo d’Isola, in un terreno pieno di sterpaglie e capannoni.
Per la giustizia italiana, il colpevole è un ex muratore di Mapello, all’epoca dei fatti incensurato, Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo. Di Sharon Verzeni, caso di stretta attualità, abbiamo imparato a conoscere l’accaduto. La 33enne stava passeggiando, nella notte tra il 29 e il 30 agosto, quando è stata raggiunta da diversi fendenti da un uomo che è fuggito in sella alla bici, per l’appunto Moussa.
Moussa Sangare, 30enne reo confesso, è oggi in cella per l’omicidio della donna, e il movente del delitto parrebbe inesistente. Eppure, poco fa, è arrivata una notizia, riguardante le due povere ragazze, strappate alla dimensione terrena, che scuote, che fa rabbrividire.
Parliamo di uno scenario nuovo che segna un cambiamento radicale del quadro avuto finora sui due delitti, poiché si parla della prova suprema, quella del Dna.
Si parla di stesso Dna, associato ai casi di Sharon e Yara ma cosa sta succedendo? Trattandosi di una svolta davvero clamorosa, approfondiamo insieme cosa sta avvenendo nella seconda pagina, dal momento che le storie della ginnasta e della cameriera hanno catalizzato l’attenzione della stampa, generando fortissimo clamore mediatico.