Il nuovo governo di Giorgia Meloni è alle prese con questioni impellenti proprio in questi giorni. Stanno facendo molto discutere, in particolare, le nuove misure previste dalla nuova legge di bilancio 2023 che riguardano Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. La Cgil ha già riaperto il dibattito esprimendo giudizi fortemente critici.
A far discutere è soprattutto il nuovo sistema su sei fasce di reddito per l’indicizzazione degli assegni. Tuttavia il dado è ormai tratto e non sembra esserci più molto da fare. Grosse delusioni, dunque, sul fronte previdenziale per quanto riguarda la nuova legge finanziaria: vediamo nel dettaglio le critiche dei sindacati.
Cosa succederà
La legge di bilancio 2023 continua a far molto discutere in Italia, oltre che per la questione del limite ai pagamenti con il Pos, soprattutto per le nuove misure disposte sul fronte previdenziale. I sindacati stanno esprimendo notevole disappunto per le promesse non mantenute dalla leader di Fratelli d’Italia, che avrebbe addirittura portato ad una stretta nel merito delle tutele previste.
Il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, si è espresso in modo piuttosto duro sulla nuova legge di Bilancio 2023, mettendo in evidenzacome tutti gli slogan elettorali siano stati ora disattesi: “Così non vengono affrontate in alcun modo le criticità presenti nel nostro sistema pensionistico, e men che meno si prefigurano le condizioni per una riforma complessiva del nostro impianto previdenziale. Nessun superamento della legge Fornero, dunque, e nemmeno la possibilità di accedere al pensionamento con 41 anni di contribuzione”.
Grandissima delusione anche per quanto riguarda ‘Opzione donna‘, la nuova finanziaria avrebbe introdotto requisiti persino più stringenti in vista dell’anno nuovo: per andare in pensione occorreranno 35 anni di contributi e 60 anni di età. Per quest’ultimo requisito saranno previste delle riduzioni in caso di figli o in presenza di condizioni ben determinate, quali caregiver, invalide al 75%, cassintegrate e lavoratrici di aziende in crisi. Insomma, stando alle stime della Cgil, delle 2.900 uscite previste, alla fine ne usciranno solo 870.