“Tanto io non è che ho speranze, sempre morto sono… Loro dicono al massimo due anni, ma a due anni non ci arrivo, lo capisco perché sto male”. Queste le previsioni (non disattese), formulate da Matteo Messina Denaro, il 13 febbraio scorso durante un interrogatorio, dal momento che è deceduto nella notte nel reparto riservato ai detenuti dell’ospedale San Salvatore di L’Aquila, dove era ricoverato da agosto.
L’ultimo dei Corleonesi, che per mezza vita, ossia per tre decenni, è riuscito a sottrarsi alla cattura, avvenuta il 16 gennaio scorso , non è riuscito dunque a sfuggire alla neoplasia al colon che gli era stato diagnosticato a novembre del 2020, ed è deceduto mentre era sottoposto al 41 bis.
Dal 10 settembre in poi, il suo quadro clinico si era aggravato, fino ad arrivare al coma irreversibile venerdì scorso, 22 settembre. I medici hanno deciso di interrompergli anche l’alimentazione parenterale endovena. Messina Denaro era ricoverato nel reparto detenuti all’ospedale San Salvatore de L’Aquila, dove era arrivato dopo essere stato qualche mese, in regime di 41 bis, nel penitenziario di massima sicurezza del capoluogo abruzzese.
Quando il blitz dei carabinieri del Ros è riuscito a metterlo in manette, mentre si stava recando, sotto il falso nome di Andrea Bonafede, presso la clinica La Maddalena per sottoporsi alla seduta di chemioterapia, Messina Denaro è stato traferito nel penitenziario di massima sicurezza de L’Aquila, una delle strutture attrezzate per le cure di cui aveva bisogno, è stato costantemente sotto il controllo dall’equipe dell’Oncologia dell’ospedale de L’Aquila. Curato in cella, dove per lui era stata allestita una sorta di infermeria, le sue condizioni sono precipitate nell’estate del 2023. Lo scorso 8 agosto scorso era stato ricoverato all’ospedale San Salvatore dell’Aquila per un intervento chirurgico per una occlusione intestinale. Dopo essere rimasto qualche settimana nel reparto di rianimazione, nonostante le sue proteste e quelle dei familiari, era poi stato trasferito nella cella del reparto per detenuti.
Il resto è già noto. Prima la terapia del dolore, poi l’interruzione della chemioterapia e di qualsiasi altra terapia oncologica, la sedazione, sino alla notizia che aleggiava da diverse ore, data la gravità della situazione. E’ stata proprio la neoplasia al colon, contro la quale il boss lottava da tre anni, a portare i carabinieri del Ros e la Procura di Palermo a mettergli le manette. Prima di perdere coscienza, da quanto si apprende a mezzo stampa, ha incontrato alcuni familiari e dato il cognome alla figlia Lorenza, avuta in latitanza e mai riconosciuta. La ragazza, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale negli ultimi giorni.