La voce che ascolteremo è quella di Carlo La Vecchia, epidemiologo della Statale di Milano. Intervistato da La Stampa, questo grande professionista ha voluto mettere a disposizione dei lettori le sue conoscenze e, purtroppo, quanto dichiarato non ci può certo far fare i salti di gioia Tra gli effetti collaterali del Covid c’è un aumento dei casi di infarto e ictus. Questo il funesto messaggio che ha voluto lanciare il noto epidemiologo.
La Vecchia ha aggiunto che la pandemia sarà ancora caratterizzata da “ondate” ma le varianti che ci sono al momento “non sembrano più pericolose delle precedenti” (questo sembrerebbe un dato confortante, seppur non dobbiamo e non possiamo mollare la presa. Un inverno diverso, quello che il professore prevede, indubbiamente meno drammatico rispetto all’anno scorso.
Gli esperti, dice, prevedono un susseguirsi di ondate. Nel 2022 ne abbiamo avute già quattro ed altre potrebbero verificarsi nei prossimi mesi”. Carlo La Vecchia ha aggiunto: “Esistono già delle subvarianti di Omicron, come Bq.1 e Xbb, che stanno provocando un aumento dei casi. Se saranno più contagiose è difficile dirlo. Il problema è che per le nuove subvarianti non vale l’immunità, quindi possiamo ammalarci di nuovo più facilmente. La Cerberus clinicamente non è più pericolosa delle altre“.
Ma chi dovrebbe vaccinarsi? Gli over 60 e i fragili, in modo da avere protezione di 3-4 mesi, superando la stagione invernale senza correre il rischio di ammalarsi gravemente. Riguardo al fatto che molti, che hanno già ricevuto le tre dosi, non procedono a fare la quarta, convinti di essere già di loro al sicuro, La Vecchia ha precisato: “È stato dimostrato un aumento di malattie trombotiche: uno studio svedese parla di un rischio infarto cinque volte superiore per i 70 giorni successivi al Covid”.
In Europa la situazione non è poi tanto diversa dall’Italia, contando contagiati e deceduti. Sul reintegro dei medici No Vax, La Vecchia ha una precisa posizione, ritenendo che: “Il tema vero sarà gestire i rapporti difficili nei reparti: chi ha vissuto questi due anni di epidemia lavorando a ritmi disumani non vedrà di buon occhio i reintegrati. Comunque è probabile che ricopriranno posizioni non in prima linea e non a stretto contatto con i pazienti fragili”.