Nel piccolo centro friulano, dove tutti conoscevano Alessandro come un uomo gentile, amante della natura e dei viaggi, resta solo il silenzio di chi si interroga sul perché. Alessandro sarebbe dovuto partire il giorno seguente per la Colombia, con in braccio la sua bambina, nata a gennaio, e accanto la compagna, Maylin Castro Consalvo.
Il viaggio avrebbe dovuto segnare una rinascita: l’uomo sperava di rilanciare una piccola attività di ristorazione avviata anni prima nel Paese sudamericano. Quello che doveva essere un nuovo inizio, però, si è trasformato in un incubo. Maylin e sua madre, Lorena Venier, non condividevano il progetto. Per Maylin, tornare in Colombia non era un’opzione, mentre per Lorena separarsi dalla figlia adottiva – “la figlia che non ho mai avuto” – e dalla nipotina era insopportabile.
Nella tensione di quei giorni, secondo gli investigatori, sarebbe maturata una decisione agghiacciante: la vigilia della partenza si sarebbe consumato il delitto di Alessandro. Il corpo dell’uomo sarebbe stato smembrato e nascosto in un bidone, ricoperto di calce viva per rallentarne la decomposizione.
A confermare l’ipotesi è stata la confessione di Lorena, che ha definito il gesto “una cosa mostruosa”. Gli inquirenti ipotizzano un delitto premeditato, nato in un contesto familiare segnato da tensioni irrisolte. L’idea di Alessandro di trasferirsi all’estero non sarebbe stata accettata di buon grado dalla madre. Lorena Venier – infermiera stimata e donna molto legata al figlio – non accettava l’idea di vederlo partire, portando con sé anche la nipote.
Ma a opporsi alla partenza sarebbe stata anche Maylin, in un contesto familiare sempre più teso, segnato da litigi, crisi post-partum e malessere psicologico. L’avvocato Giovanni De Nardo, difensore di Lorena, ha sottolineato la lucidità della donna, nonostante la gravità dell’atto. L’autopsia stabilirà se Alessandro sia stato sedato prima del soffocamento, ma le indagini stanno esplorando anche il profilo dell’uomo.