A partire da febbraio 2022, da quando l’orrore è incominciato, sono stati in migliaia gli ucraini che hanno dovuto abbandonare la loro terra, le loro case, i loro cari, per trovare rifugio in altri Paesi, Italia compresa. Per salvare quante più vite possibili, il meccanismo europeo è scattato immediatamente, offrendo un aiuto pratico ai profughi. Il Governo italiano ha stanziato un sussidio di 300 euro mensili che ogni profugo di guerra, dai 18 anni in su, può richiedere, purché sia arrivato nel nostro Paese, dal 24 febbraio, ossia dalla data dello scoppio del conflitto, in poi, cercando di snellire al massimo le procedure di richiesta, in collaborazione con la Protezione Civile e le Questure.
Eppure, tutto questo impegno nello snellire la lunga burocrazia, accelerando l’aiuto offerto ai profughi ucraini, è stato vanificato in diversi casi, dagli organi preposti all’erogazione di tale sussidi. Ma cosa è accaduto in parole spicce? Nel momento in cui gli aventi diritto si sono presentati presso gli ufficiali postali, sebbene l’importo dei 300 euro mensili fosse già stato stanziato e approvato dalle Istituzioni, si sono sentiti rispondere un secco no e questo per cavilli amministrativi di poco conto. Sta di fatto che tanta gente bisognosa si è trovata in gravissime difficoltà, vedendo messa a repentaglio duramente la sua sopravvivenza.
A giugno scorso, Assoutenti ha denunciato quanto tristemente accaduto a Natalia e Iryna, rispettivamente madre e figlia. La loro è una storia davvero cruda, in quanto, scampate ai bombardamenti, sono arrivate al confine con la Polonia e da lì, grazie all’aiuto di un loro connazionale che vive in Italia, hanno raggiunto Chiavari. Persone dall’animo buono si sono offerte subito di aiutarle, trovando per loro una sistemazione gratuita, in attesa del sussidio.
Sistemate tutte le pratiche necessarie alla richiesta del permesso di soggiorno temporaneo, madre e figlia hanno fatto domanda per poter ricevere il sussidio ed è a quel punto che è accaduto l’impensabile. La madre è una donna con un tumore, dunque una paziente oncologica che, dopo il lungo viaggio per la salvezza, fortemente provata, si è ritrovata allettata, in ossigenoterapia. Non potendosi recare in posta, lo ha fatto la figlia al suo posto. La giovane, con una regolare delega scritta e firmata dalla madre e i certificati rilasciati dalla ASL4, da cui si evinceva l’impossibilità della povera madre di alzarsi dal letto, si è recata all’ufficio postale di Chiavari ed è qui che è iniziato il loro secondo calvario.
Tutto il materiale presentato dalla figlia non è stato sufficiente, a detta della direttrice della struttura, per poter erogare il sussidio, facendo riferimento ad una circolare interna che prevede che sia solo la persona avente diritto a doversi recare in posta per ritirarlo, anzi come se questo secco rifiuto non bastasse, la direttrice ha consigliato alla figlia di far arrivare la madre oncologica grave, in posta, in ambulanza. Purtroppo, dopo soli 10 giorni, la signora Natalia è morta. Assoutenti, appresa la triste storia, ha deciso di anticipare il sussidio che sarebbe spettato a questa donna, venuta a mancare dopo l’aggravamento della malattia, messa a dura prova dal viaggio dall’Ucraina all’Italia, versando i 600 euro a Iryna in attesa che si sblocchi la situazione, aprendo un formale reclamo contro Poste Italiane.