L’ombra degli alberi si stendeva lunga e immobile sulla radura, avvolgendo ogni cosa in un silenzio inusuale. Non un rumore di auto, non le chiacchiere distratte della vita quotidiana, ma solo il respiro lento del bosco.Era qui, nell’entroterra profondo abruzzese, tra le colline selvagge di Palmoli, in provincia di Chieti, che la normalità aveva smesso di esistere.
Per mesi, la comunità locale aveva sussurrato della strana famiglia che aveva scelto quel ritiro totale.Non una casa, ma una sorta di precario rifugio, un ritorno a condizioni di vita che l’avevano fatta definire, nelle carte ufficiali, una vita “allo stato primitivo”.Dentro, i genitori credevano di poter forgiare un’esistenza libera, lontano dalle regole imposte e dai ritmi del mondo esterno.
Una libertà, però, che presto si sarebbe scontrata con l’autorità della legge e il concetto di tutela.Quando le istituzioni hanno interrotto quella routine forzata, un velo di tensione è calato sul rifugio.

Non si trattava di un’ispezione, ma dell’intervento definitivo che avrebbe ridisegnato il futuro di tre vite giovanissime.I tre figli minori, ignari del peso di quella scelta, sono stati allontanati su un’ordinanza che non ammetteva discussioni.
Dopo la brusca rottura di quel fragile mondo, restava una domanda cruciale: chi decide cosa sia il bene per un bambino? E adesso, l’eco di quel cambiamento stava per portare con sé la decisione finale e irreversibile sul loro destino. Qualcosa di davvero molto importante che nessuno si sarebbe mai aspettato i dettagli sono davvero incredibili e la decisione sembra essere quella defintiva.