Crepet rincara la dose e va ancora più pesante: "Se una ragazzina 11enne…" (2 / 2)

Lo psichiatra Paolo Crepet interviene con parole dure sul femminicidio della quattordicenne di Afragola, eliminata dal suo ex fidanzato di diciannove anni. Crepet respinge categoricamente la retorica del “raptus” improvviso, definendola un insulto all’intelligenza collettiva e una scorciatoia narrativa che assolve una società incapace di leggere i segnali premonitori della violenza.

A suo avviso, chi sostiene che un individuo possa trasformarsi da persona qualunque a carnefice nel giro di poche ore, sta raccontando “una delle peggiori favole della storia”. Al centro della sua analisi c’è una critica feroce alla società moderna e, in particolare, all’uso sconsiderato dei social network tra i giovanissimi.

Crepet evidenzia come l’accesso precoce a queste piattaforme, spesso con il consenso implicito dei genitori, esponga i minori a dinamiche relazionali tossiche, prive di strumenti emotivi per gestirle. “Se uno ha un profilo social a 11 anni c’è un problema”, dice Crepet, perchè permettere a un ragazzino così piccolo di aprire un profilo social, secondo lui, significa spalancare le porte a una realtà distorta dove controllo, possesso e violenza si mascherano da sentimenti.

Padre Georg confessa: "Ho chiesto scusa a Papa Francesco prima che morisse e lui mi ha risposto che…" Padre Georg confessa: "Ho chiesto scusa a Papa Francesco prima che morisse e lui mi ha risposto che…"

Non meno severo è il giudizio sui genitori, accusati di delegare l’educazione affettiva dei figli alla rete. Invece di porre limiti, molti adulti consentono libertà eccessive: orari notturni senza controllo, soldi in tasca e totale assenza di vigilanza. “Decine di migliaia di ragazzine a 13 anni usciranno, non alle nove, a mezzanotte -afferma Crepet- Non ho mai conosciuto un padre che si mette davanti alla porta. Anzi, non solo aprono la porta e gli dicono ‘divertiti’, ma gli danno pure 100 euro“.

Il noto psichiatra invita a uscire dall’ipocrisia collettiva e a riconoscere il ruolo attivo che genitori, scuola e istituzioni devono assumere. Serve un’educazione affettiva e digitale che aiuti i giovani a distinguere tra amore e possesso, tra libertà e abbandono. Solo così, conclude, si potrà evitare di trasformare l’ennesima tragedia in un’altra occasione mancata.