Le pareti di casa, per definizione, dovrebbero avvolgere nel tepore e nella sicurezza, disegnare un perimetro sacro contro il caos del mondo esterno. In un piccolo appartamento, questo velo di normalità, di apparente serenità, veniva però mantenuto con una fatica innaturale.
All’interno di quel focolare, due giovanissimi vivevano una doppia vita: quella che mostravano e un’altra, nascosta, scandita da una paura sorda che non trovava voce e non doveva uscire da quelle mura. Proprio la figura che per natura doveva rappresentare l’amore incondizionato, la madre, aveva trasformato quel rifugio in una trappola emotiva, un luogo di crudeltà.
Ogni giorno aveva il sapore di un rituale perverso. Per i minori bastava un suo sguardo, una richiesta implicita, per far precipitare l‘atmosfera in un silenzio agghiacciante. Per anni, senza che nessuno se ne accorgesse, hanno dovuto subire un vessamento sistematico, una routine di ordini aberranti che dovevano essere eseguiti senza discussione, al solo fine di evitare le gravi situazioni promesse.

Il peso di quel segreto, la consapevolezza di quanto accadeva, è cresciuto, insopportabile, finché la loro innocenza non ha trovato la forza di infrangere la barriera della paura quotidiana.
Cosa è successo quando, messi di fronte a un’autorità esterna, i bambini hanno finalmente raccontato l’indicibile? La verità emersa ha messo in moto una macchina giudiziaria inarrestabile, svelando le azioni che la genitrice li costringeva a compiere. Qualcosa di davvero molto particolare che è emerso con forza dalla carte di una inchiesta giudiziaria.