Iniziava come una mattina di novembre qualsiasi. Le foglie ingiallite cadevano lente, mentre nel piccolo nido di Soci, una frazione in provincia di Arezzo, la routine rassicurante scandiva l’ora del gioco all’aperto.
I sorrisi, i piccoli passi e le grida gioiose dei bambini riempivano l’aria. Era un quadro di normalità destinato a svanire in un attimo, lasciando dietro di sé una ferita profonda. Leonardo, due anni appena compiuti, era impegnato nel suo innocente passatempo. Il bambino si muoveva tra le attrezzature, in una dinamica serena che nessuno avrebbe potuto prevedere si trasformasse in qualcosa di irrevocabile.
In un frangente di tempo assurdo e inspiegabile, un laccio del suo indumento, la felpa, è rimasto impigliato in una struttura esterna mentre stava giocando. È stato l’inizio di un evento assurdo. L’attenzione della maestra, che si è accorta del pericolo, è stata immediata.

La corsa contro il tempo per liberare il bambino è iniziata tra le mura dell’asilo, nel tentativo disperato di spezzare quel velo di silenzio calato sul gioco.Nonostante il pronto intervento del personale e l’attivazione dei soccorsi, la situazione di emergenza vitale era già gravissima. Il trasporto in ospedale è stato l’ultimo tentativo.
Per il piccolo Leonardo non c’è stato nulla da fare. La sua vita si è interrotta due giorni fa, e ora il caso è approdato sul tavolo della Procura di Arezzo.Ma chi deve rispondere di questa situazione e quale elemento scatenante ha portato a tutto questo? I primi sviluppi dell’indagine stringono il cerchio su cinque figure chiave.