Sopra un masso che separa le acque della diga, conchiglie, candele e una maglietta bianca con scritte a pennarello ricordano Carlo Panizzo, sei anni, scomparso in mare. All’alba, turisti e residenti si sono radunati per lasciare un segno di memoria, trasformando una spiaggia anonima in un altare improvvisato.
La sera precedente, ancora immersi nella speranza, molte persone avevano partecipato a una veglia silenziosa, con le candele accese, lungo la riva. La tragedia è avvenuta poco dopo che i tre fischi delle torrette dei bagnini hanno rotto il pomeriggio afoso. «Quando sentiamo quei tre fischi significa che qualcuno è in difficoltà in acqua», spiegano dal servizio di salvataggio.
Immediatamente, la spiaggia si è trasformata in un unico fronte: decine di persone si sono uniti in una catena umana, mano nella mano, per scandagliare l’acqua torbida fino a raggiungere la profondità consentita. Le condizioni del mare erano complicate: onde alte, vento teso da nord-est e risacca violenta sul lato della diga. Solo nella zona protetta l’acqua era leggermente più calma.
“Con il vento così forte, non si dovrebbe entrare in mare”, raccontano i gestori di un ristorante vicino, che hanno seguito da vicino e sostenuto la madre, disperata, fino alla conclusione delle ricerche. La macchina dei soccorsi ha coinvolto Vigili del Fuoco, sommozzatori, Guardia Costiera e polizia con elicotteri.
Bagnini e volontari hanno perlustrato ogni metro di spiaggia e fondale, mostrando un impegno collettivo straordinario. Anche l’amministrazione locale si è mobilitata: un’assistente psicologa ha affiancato la madre, mentre l’assessore al Turismo ha garantito supporto logistico e morale alla famiglia.