Proseguono senza sosta le indagini sull’attentato che ha coinvolto il giornalista d’inchiesta Sigfrido Ranucci, volto storico della trasmissione Report. L’episodio ha destato forte allarme sia ai vertici Rai sia nel mondo politico, dove sono giunti numerosi messaggi di solidarietà e richieste di maggior tutela per chi svolge un lavoro investigativo nell’interesse pubblico.
Le forze dell’ordine, coordinate dai carabinieri, stanno analizzando ogni elemento utile per risalire ai responsabili. Particolare attenzione è rivolta alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona e ai movimenti sospetti registrati nei giorni precedenti. Per esempio a Frascati, quando una Fiat 500X rubata a Ostia il 25 luglio è stata rinvenuta a poca distanza dall’abitazione del giornalista.
L’area è stata immediatamente isolata e messa in sicurezza dagli artificieri, che hanno verificato la possibile presenza di materiale esplosivo o inneschi. L’operazione ha richiesto ore di lavoro e la strada è rimasta chiusa al traffico per consentire i rilievi tecnici. Secondo quanto riferito dal collega Giorgio Mottola a Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, l’esplosione si sarebbe verificata pochi minuti dopo il ritorno di Ranucci a casa.
“Sigfrido mi ha detto che sua figlia aveva parcheggiato l’auto mezz’ora prima dell’esplosione”, ha raccontato, aggiungendo che il giornalista “non tornava a casa da dieci giorni”, un dettaglio che alimenta l’ipotesi di un’azione pianificata. Le prime analisi tecniche avrebbero individuato una miccia accesa manualmente, e alcuni testimoni avrebbero notato una persona incappucciata fuggire subito dopo la detonazione.
Gli investigatori stanno ora incrociando testimonianze e immagini video per delineare un quadro preciso degli eventi. Il tremendo episodio, che non ha ancora una rivendicazione, riaccende il dibattito sulla sicurezza dei giornalisti d’inchiesta in Italia. Negli ultimi anni, infatti, si è registrato un aumento di queste azioni contro chi indaga su temi sensibili.