Ieri, 27 dicembre, la tremenda notizia, quella che noi tutti sino all’ultimo, abbiamo sperato non arrivasse, è giunta: i corpi di Luca Perazzini e Cristian Gualdi, sono stati identificati grazie a un sorvolo sul Vallone dell’Inferno con i mezzi del 118 decollati dall’Aquila. Una duplice doccia fredda per tutti noi, in primis per i familiari dei due alpinisti romagnoli che non ce l’hanno fatta.
Mancavano all’appello dal pomeriggio del 22 dicembre e, uniti, anche dinnanzi alla morte, sono andati incontro al loro atroce destino. Difatti, i soccorritori li hanno trovati a pochi metri l’uno dall’altro, nel Vallone dell’Inferno, un luogo che, di suo, anche solo per nomenclatura, incute paura.
Santarcangelo di Romagna, nel Riminese, è un comune distrutto, con le bandiere a mezz’asta, strettosi attorno a due famiglie che non hanno più lacrime, alle prese con lutti immani.
Quella di queste ore, è un’Italia capace, anche dinnanzi alle notizie sconvolgenti come questa, di mostrarsi solidale, empatica, di immedesimarsi nello strazio dei parenti stretti di Luca e Cristian che, dopo cinque giorni, hanno ricevuto la comunicazione peggiore, quella che non ce l’hanno fatta.
La rabbia dei familiari dei due alpinisti romagnoli è massima. Vediamo insieme cosa hanno dichiarato nella pagina successiva del nostro articolo, dal momento che le loro parole invitano ad una doverosa riflessione e lasciano fortemente il segno.