L’impervietà, la bufera di neve, la visibilità nulla, le temperature gelide che hanno toccato anche i -18 gradi rappresentano, forse, quel mix di fattori che hanno remato contro e che hanno portato al decesso di Luca e Cristian, rinvenuti ieri, 27 dicembre, a pochi metri l’uno dall’altro.
Il loro è un esempio di autentica amicizia e probabilmente hanno continuato a parlarsi e a farsi coraggio a vicenda, sino a quando è sopraggiunto il decesso. I familiari dei due alpinisti romagnoli, come riportato da Il Messaggero, davanti all’obitorio in cui le salme sono giunte, in lacrime, si sono lasciati andare ad un duro sfogol.
Hanno dichiarato: «Se le condizioni erano proibitive, non avrebbero dovuto mandare nessuno lassù quel giorno». Ogni speranza, è naufragata, dopo giorni di ricerche, peraltro ostacolate dalle avverse condizioni meteo. E’ ora il tempo del distacco terreno, ma è anche quello dela rabbia
E di rabbia i familiari di Luca Perazzini e Cristian Gualdi ne hanno tanta, come comprensibile. Sono parecchi gli interrogativi che, legittimamente, si pongono.
Tanti se, tanti ma, ma anche dei momenti di disperazione. C’è chi, di loro, si lascia andare a delle proteste bisbigliate e chi, invece, a esternazioni ripetute a voce alta, come quel: “Sì, non dovevano farli salire”. Anche i meno sensibili, non possono che rimanere scossi dal loro sfogo. Sino all’ultimo, abbiamo sperato in un epilogo diverso ma purtroppo la montagna ci ha restituito l’ennesima duplice tragedia, quella che tale, specie con lo scorrere delle ore, si stava palesando, sino al rinvenimento dei corpi.