A volte, il rumore più assordante non è quello di una frase gridata, ma il silenzio che segue una dichiarazione troppo audace. Erano i giorni tesi e incerti del 2020, quando il dibattito pubblico sul Covid si faceva incandescente e ogni parola poteva diventare una miccia.
In questo scenario di fibrillazione mediatica, l’ambiente di Pordenone, il suo rifugio tra le rocce, si trasformava nel pulpito di Mauro Corona, lo scrittore alpinista senza filtri. In quel periodo denso di opinioni estreme e caotiche, le sue parole non mancarono di polarizzare l’attenzione, specialmente quando toccarono corde sensibili come l’emergenza sanitaria.
Le frasi furono pronunciate, ebbero il loro effetto immediato, e poi, apparentemente, vennero risucchiate nel vortice della cronaca di quei mesi. Una quiete che aveva il sapore della normalità recuperata, ma che nascondeva un conto in sospeso. Perché la giustizia, si sa, ha tempi lunghi, spesso dilatati, e non dimentica le ruggini, soprattutto quando il calcolo del danno assume un valore potenziale.

Così, a distanza di anni da quel fragore, il telefono ha squillato per annunciare l’arrivo di una notifica formale, fredda e inequivocabile. Un plico che ha rotto la tranquillità dello scrittore, svelando che qualcuno, in quel lontano 2020, aveva preso molto sul serio quelle affermazioni.
Chi ha deciso di presentare il conto per quelle vecchie dichiarazioni e, soprattutto, a quanto ammonta la cifra richiesta per l’offesa subita? Lo scopriamo subito nei prossimi paragrafi del nostro articolo come vedremo si tratta di dettagli affatto trascurabili che stanno colpendo la pubblica opinione.