Nel cuore della provincia di Chieti, in una porzione remota dell’Abruzzo, il bosco non era solo uno scenario naturale, ma una vera e propria filosofia di vita. Lì, isolata da ogni logica moderna e circondata dal silenzio, una famiglia di cinque persone aveva costruito la propria esistenza, seguendo un ideale di autosufficienza e libertà.Un ideale che, tuttavia, si è scontrato in modo improvviso e brutale con la realtà.
A rompere quel velo di normalità non è stato un atto di forza esterno, ma un banale quanto pericoloso errore di valutazione.Durante una raccolta, forse una scelta sfortunata, i tre figli della coppia hanno consumato dei funghi rivelatisi tossici. L’intossicazione è diventata rapidamente un’emergenza che il rifugio nel bosco non poteva più contenere.
Il ricovero ospedaliero dei bambini ha riaperto le porte al mondo esterno, portando la civiltà — sotto forma di forze dell’ordine — dritto sulla soglia della loro sistemazione.

A seguito di un controllo dei Carabinieri è partita una segnalazione formale. Quella vita nel bosco, prima percepita come un idillio, è diventata oggetto di un dossier giudiziario.Il Giudice del tribunale dei minori, valutati i fatti, ha emesso un provvedimento drastico: la sospensione della potestà genitoriale e l’allontanamento dei figli.
L’episodio ha scatenato un dibattito nazionale, con oltre 13mila persone che hanno firmato una petizione online a sostegno della famiglia. La posta in gioco era altissima: il rischio di perdere i bambini e l’impossibilità di proseguire il proprio credo. Mentre l’opinione pubblica si spaccava tra critica e solidarietà, in Abruzzo si preparava un inatteso colpo di scena che avrebbe costretto la coppia a rivedere ogni cosa.