C’è una quiete che appartiene alla quotidianità, quella calma ordinaria che accompagna i gesti di ogni giorno, fatta di suoni familiari, orizzonti conosciuti, paesaggi che sembrano immobili e rassicuranti. È una sensazione che ci accompagna mentre attraversiamo le strade che percorriamo da sempre, quando guardiamo il cielo al mattino senza aspettarci nulla di diverso, quando ci affidiamo all’apparente stabilità del mondo che ci circonda.
In questa apparente immutabilità, le nostre vite si svolgono secondo ritmi consolidati, scandite da abitudini, impegni e speranze che raramente contemplano l’imprevisto. Eppure, la Terra sotto i nostri piedi non è mai realmente ferma. Al di là di ciò che percepiamo, il suolo respira, si muove, cambia. In profondità, silenziosi ma continui, si svolgono processi che sfuggono alla vista e che solo la scienza, con i suoi strumenti, riesce a intercettare.
Spesso non ci accorgiamo di nulla, e se lo facciamo, accade solo quando quei fenomeni sotterranei rompono la superficie e si manifestano con forza. È in quei momenti che la fragilità dell’equilibrio diventa tangibile, ricordandoci quanto l’ambiente in cui viviamo sia vivo, complesso e imprevedibile.
La storia del nostro Paese, così ricco di bellezze naturali, è anche la storia di una coesistenza millenaria con la potenza nascosta della natura. E anche se negli anni le tecnologie hanno reso più sicuro il nostro abitare, restano luoghi in cui la memoria del passato e l’attenzione per il presente impongono una vigilanza costante. In questi luoghi, ogni sussulto, per quanto lieve, può diventare oggetto di attenzione, di studio, di interrogativi.