La sequenza di tre scosse sismiche registrate nelle prime ore del 27 giugno 2025 nell’area sommitale del Vesuvio ha riacceso l’attenzione sull’attività tellurica e vulcanica in una delle zone più sorvegliate e studiate d’Europa. Sebbene le magnitudo rilevate siano modeste — rispettivamente 1.5, 1.3 e 1.0 — il fatto che siano avvenute in rapida successione e a profondità estremamente superficiali ha suscitato una certa inquietudine, soprattutto tra i residenti delle località limitrofe.
Le scosse si sono infatti concentrate in un arco temporale di poco più di due ore, tra le 3:51 e le 6:07 del mattino, quando buona parte della popolazione era ancora nel sonno. Il fenomeno ha portato molti a interrogarsi sulla natura di questi movimenti, che in un territorio come quello vesuviano, dove il ricordo dell’eruzione del 1944 è ancora vivo nella memoria collettiva, assumono inevitabilmente una risonanza particolare. Tuttavia, gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e in particolare quelli dell’Osservatorio Vesuviano, hanno prontamente chiarito la dinamica di quanto accaduto, escludendo qualsiasi scenario legato a una riattivazione del vulcano.
Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’INGV, ha spiegato che questi eventi rientrano in un quadro ben noto di micro-sismicità collegata alla subsidenza del cratere, un processo naturale e graduale attraverso il quale il suolo della caldera tende a sprofondare, attualmente a un ritmo stimato di circa 6 millimetri l’anno. È un fenomeno che si verifica da tempo e che viene costantemente monitorato attraverso una fitta rete di sensori, tra cui stazioni GNSS, strumenti geochimici e rilevatori sismici dislocati lungo tutto il complesso del Monte Somma-Vesuvio.
Questi episodi, dunque, non devono essere interpretati come segnali premonitori di una ripresa dell’attività eruttiva, ma piuttosto come parte del normale comportamento di un sistema vulcanico attualmente in fase di quiescenza. L’ultimo episodio eruttivo del Vesuvio risale infatti al marzo del 1944, e da allora il vulcano ha mantenuto un’attività minima, limitata per lo più a emissioni fumaroliche e sporadici eventi sismici di lieve entità. Importante anche sottolineare, come precisato dagli esperti, che non vi è alcuna connessione diretta tra l’attività del Vesuvio e quella dei Campi Flegrei, altro sistema vulcanico sotto osservazione che ha mostrato negli ultimi anni segnali di maggiore dinamismo. Sebbene geograficamente vicini, Vesuvio e Campi Flegrei sono separati da un punto di vista geologico e seguono dinamiche autonome.
Episodi come quello odierno, pur non comportando rischi immediati, assumono comunque un valore rilevante sul piano della consapevolezza collettiva. Vivere in prossimità di un vulcano, anche se in apparente silenzio, implica infatti la necessità di mantenere un costante livello di attenzione, aggiornamento e preparazione. Il lavoro quotidiano degli scienziati e degli operatori della protezione civile, unito a una corretta informazione pubblica, rappresenta l’arma più efficace per garantire sicurezza e prevenzione. In definitiva, anche una scossa minima può rivelarsi un importante campanello d’allarme — non tanto per il pericolo in sé, quanto per ricordare a tutti che la natura del territorio impone rispetto, studio e vigilanza costante.