Lo scorso 6 ottobre, a Ponticelli, un volto noto della serie Gomorra, è stato ucciso, a soli 23 anni, davanti alla compagnia incinta. Ieri, per l‘omicidio di Carmine D’Onofrio, il pm della Direzione Distrettuale Antimafia, Antonella Fratello, ha emesso 8 ordini di fermo, notificati da carabinieri e polizia nel corso di un’operazione congiunta.
Quella tragica notte era stato assassinato, a colpi di arma da fuoco, mentre stava rientrando a casa insieme alla sua fidanzata incinta. Inutile si rivelò la corsa al pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania, dove il cuore del ragazzo smise di battere.Sul posto i carabinieri rinvennero 7 bossoli calibro 45.
I fermi
I fermati, a seguito dell‘esplosione di una bomba, avvenuta pochi giorni prima, erano intenzionati a risalire ai responsabili e sarebbe stato un affiliato di un clan rivale, sequestrato e torturato, a fare il nome di Carmine, figlio di Giuseppe De Luca Bossa, a sua volta fratello di Antonio, elemento di vertice dell’omonimo clan di camorra del quartiere, ma incensurato, impegnato nel suo lavoro, non conosciuto come un soggetto pericoloso.
Giovanni Mignano, la vittima del sequestro, sequestrato per ore e sotto tortura, alla fine cedette, facendo il nome di Carmine D’Onofrio, attore di Gomorra che venne assassinato, alcune settimane dopo, davanti alla fidanzata incinta, mentre rientravano a casa. Ma come si è arrivati all’uccisione del 23enne? Tutto partirebbe dal lancio di una bomba rudimentale, il 28 settembre scorso, in via Piscettaro, a Ponticelli, davanti alla casa di Marco di Micco. L’esplosione provocò il ferimento di una donna e del figlio 14enne che non avevano nulla che vedere con le dinamiche criminali.
Il boss comprese subito che l’attentato era opera dei suoi rivali e ordinò ai suoi di portargli Giovanni Mignano, noto affiliato al clan De Luca Bossa Le microspie installate nella veranda della casa registrano a un certo punto l’ingresso di diverse auto nel vicino garage, poi l’inizio dell’interrogatorio, con De Micco che chiede: “Facciamo presto: chi ti ha mandato?”. A questo punto la polizia giudiziaria annota: rumore di uno schiaffo; l’annotazione si ripeterà più volte. Maddalena Cadavero commenta: “Ha fatto proprio la faccia verde”.
Picchiato, insultato, minacciato di morte, Giovanni Mignano confessa il nome: “Carmine”. Così scatta immediatamente la caccia a Carmine che sembra introvabile fino al 6 ottobre, quando verrà sorpreso e ucciso in via Crisconio, poco dopo la mezzanotte, mentre era in compagnia della fidanzata ventenne incinta, quando venne raggiunto dai killer.