Walter Sabatini, noto per la sua lunga carriera come dirigente sportivo, ha recentemente lasciato la guida della Salernitana, ma le sue riflessioni vanno ben oltre il calcio. In un’intervista al Corriere della Sera, Sabatini ha tracciato un parallelo tra la sua vita e quella di Aureliano Buendía, il celebre personaggio del romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez.
Questa somiglianza, secondo lui, si riflette nella sua continua lotta contro gli eventi della vita. Sabatini ha condiviso pensieri profondi sul mondo del calcio, che definisce una grande illusione. Secondo lui, lo sport genera false speranze per milioni di giovani, promettendo sogni che raramente si realizzano.
Il dirigente è critico verso il sistema calcistico, che arricchisce una piccola élite mentre lascia molti con poco o nulla. La sua amarezza si riflette anche nel racconto del decesso di Renato Curi, calciatore italiano scomparso prematuramente, al quale Sabatini aveva dedicato una poesia, oggi purtroppo perduta. Il calcio, per Sabatini, è un inganno che non porta un reale beneficio alla maggior parte delle persone coinvolte.
Non ha risparmiato neanche i dettagli sulla sua salute: soffre di problemi respiratori, ha due stent al cuore e difficoltà motorie, ma nonostante le sue condizioni fisiche precarie, continua a riflettere profondamente sulla vita, la fede e l’anima. Ricorda il lungo coma farmacologico che lo ha tormentato, sottolineando come, nonostante tutto, cerca ancora di credere in un aldilà.
“Ho incontrato chiunque sotto gli effetti dei farmaci. Sembrava così reale che mi causa ancora dei tormenti. Ho incontrato anche Dio sotto mentite spoglie, ma è stato un po’ deludente perché mi ha trattato con molta sufficienza”, ha ricordato Sabatini rivelando questa esperienza metafisica.