Villa Pamphili, l’ultimo gesto di Anastasia prima del dramma (2 / 2)

Le indagini hanno ricostruito che la famiglia aveva vissuto per circa un mese tra Prati, villa Carpegna e l’area del Vaticano, prima di accamparsi a Villa Pamphilj. Gli investigatori stanno verificando se la coppia abbia preso in affitto un appartamento o sia stata ospitata da qualcuno. Utili, in questo senso, le celle telefoniche collegate a uno degli alias usati da Kaufmann. Intanto, si attende in Italia la madre di Anastasia, residente in Siberia.

L’ambasciata russa è al lavoro per organizzarne l’arrivo. Kaufmann, invece, è detenuto in Grecia, a Larissa, dopo essere stato fermato sull’isola di Skiathos. Si oppone all’estradizione in Italia e ha chiesto di essere trasferito negli Stati Uniti. Ha scelto il silenzio durante l’udienza di convalida. Domani, a Larissa, si discuterà la richiesta di estradizione: la Corte d’Appello ha sessanta giorni per decidere.

È il 3 giugno l’ultima volta che Anastasia Trofimova viene vista viva. È sera, intorno alle 19, e si trova all’interno di uno Starbucks in piazza San Silvestro, a Roma. Con lei ci sono Charles Francis Kaufmann, suo compagno, e la figlia di entrambi, la piccola Andromeda. L’uomo, sanguinante alla testa, sostiene di essere stato colpito da qualcuno.

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Le immagini di videosorveglianza, però, raccontano un’altra storia: un litigio acceso con un cliente, nato – secondo un testimone – da uno stato di alterazione di Kaufmann e da presunti abusi verso la compagna e la bambina. Dopo il diverbio, l’uomo si rifiuta di ricevere cure mediche. Prende in braccio la figlia e si allontana, seguito dallo sguardo preoccupato del titolare del locale, che decide di rivolgersi ai carabinieri.

Viene acquisito il video e stilata un’informativa inviata alla Procura. Solo giorni dopo, in seguito al macabro ritrovamento dei corpi di Anastasia e della bambina tra gli arbusti di Villa Pamphilj, quel volto torna alla mente del gestore: è lo stesso uomo coinvolto nella lite.