Va al cimitero ma la bara del figlio non c’è più, l’assurda scoperta (2 / 2)

Sono in tanti i genitori orfani nel mondo. Parliamo di padri e madri devastati dalla perdita di una creatura a cui hanno dato la vita, che hanno amato, cresciuto, sino a quando il destino, brutale, ha deciso di  portarli via. La morte di un figlio prima di un genitore è ritenuta contro natura ma, purtroppo, è una strage che continua a verificarsi, senza conoscere freni.

La cronaca, nazionale ed estera, spesso ci pone dinnanzi a storie davvero difficili, proprio come quella accaduta in un cimitero, ad una signora rimasta orfana del figlio 23enne.  Il giovane si è spento dopo aver combattuto, con tutte le sue forze, da guerriero, contro un brutto male che non gli ha lasciato scampo. Una lunga ed estenuante battaglia, la sua, protrattasi per quattro lunghi anni, fino a quando il mostro ha avuto la meglio, strappandolo all’affetto della sua famiglia.

La donna, nel recarsi a trovare il figlio per pregare sulla sua tomba e portargli dei fuori, è rimasta sotto choc nel vedere che la bara del giovane era stata trafugata. Tra lo strazio e la disperazione, ci si è messi subito sulle tracce di colui o coloro che si sono macchiati di questo reato, peraltro in un luogo di culto. Grazie alle testimonianze rese da altre persone che si trovavano, in quel frangente nel cimitero, è stato possibile risalire al colpevole.

Nessuno si sarebbe mai potuto immaginare che a profanare la tomba del 23enne era stato proprio il custode 50enne del camposanto. Da un’attenta indagine, è emerso che l’uomo, da diversi mesi, soffriva di disturbi bipolari. Dal cimitero la sua storia è finita non solo sulle principali testate, ma direttamente tra le aule di giustizia per la comminazione della pena.

Il custode, infatti, dovrà ora rispondere dell’accusa di vilipendio di tomba. L’articolo 408 del codice penale prevede, difatti, che: “Chiunque, in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe, sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.