Un annuncio meraviglioso, quello dato alla sessione annuale dell‘American Society of Ematology, uno dei più preziosi appuntamenti in assoluto, in corso a San Francisco, per gli esperti del settore. Esso recita: “C’è l’ha fatta da due anni e pulita, nel suo sangue non viene neanche una cellula brutta, quelle deformate dalla neoplasia, chiamata leucemia linfoblastica acuta“.
Emily ce l’ha fatta, insieme ad altri 25 coetanei, mentre altri 5 non c’è l’hanno fatta subito e altri 5 qualche mese dopo. Per affermare con certezza di essere fuori dalla neoplasia ci vogliono 5 anni, ma la quantità di bambini che stanno bene, da più di due anni, è indicativa del fatto che si possa considerare finita la fase sperimentale della cura.
Di Emily Whiyehead e della sua toccante storia si sono occupanti in tanti e ora possiamo dirvi che la bimba, oggi di 9 anni, è guarita dalla leucemia col virus dell’AIDS. All’epoca Emily aveva 7 anni e la chemioterapia non le faceva effetto. A sei mesi dalla reinfusione dei suoi linfociti T, un tipo di globuli bianchi manipolati geneticamente attraverso il virus dell’AIDS, della patologia non vi era più traccia.
Questo grazie ad un tipo di immunoterapia , nota con la sigla CTL019, che sfrutta le capacità del virus HIV di entrare nelle cellule di inserirvi i suoi geni, togliendo quelli che il virus usa per comandare la cellula a produrre altre copie di se stesso sino a farla morire, e aggiungendo quelli che aumentano la capacità dei T di riconoscere le cellule cancerose e poi ucciderle con geni che le trasformano, generando dei potenti OGM, anti cancro personali
Il 92%, pari a 36 bambini sul 39, trattati nello studio pilota, non hanno mostrato più semi di neoplasia ematica un mese dalla terapia, con risposte complete che in alcuni casi, come quello di Emily, hanno superato i due anni. Colo che hanno condotto lo studiano, sanno già come procedere. Queste le parole della responsabile dello stesso: ” Il nostro prossimo passo è condurre uno studio multicentrico di fase due già in corso, mirato a valutare la sicurezza e l’efficacia delle terapie in più strutture”.