Francesco Diviesti, il 26enne barbiere di Barletta scomparso lo scorso 25 aprile, è stato ritrovato senza vita in una zona rurale tra Canosa di Puglia e Minervino Murge. Il suo corpo, in parte carbonizzato, è stato rinvenuto in contrada Femmina Morta, un’area isolata dove sono subito intervenuti gli agenti della Polizia di Stato e la Scientifica.
Il giovane era molto conosciuto nella sua città non solo per il lavoro svolto nel salone di famiglia, ma anche per il suo impegno nel sociale. Nel 2016, infatti, aveva prestato servizio volontario ad Arquata del Tronto, colpita dal sisma, tagliando gratuitamente i capelli agli sfollati insieme ad altri colleghi parrucchieri. Il macabro ritrovamento ha scosso profondamente la comunità locale, che da giorni sperava in un epilogo diverso.
Il corpo di Francesco sarà ora sottoposto ad accertamenti medico-legali presso il Policlinico di Bari per l’identificazione ufficiale e per ricostruire le cause esatte del decesso. Le indagini, inizialmente affidate alla Procura di Trani, sono passate alla Direzione distrettuale antimafia di Bari. Per quale motivo?
Le ragioni di questo passaggio sono da ricercare nelle aggravanti che lascerebbero ipotizzare l’utilizzo di metodi riconducibili alla criminalità organizzata. Un’ipotesi suggerita dalla modalità del ritrovamento del corpo, dove sono ravvisate aggravanti tipiche del metodo mafioso, e il successivo coinvolgimento della Direzione distrettuale antimafia di Bari.
La città di Barletta si stringe attorno alla famiglia Diviesti, mentre le forze dell’ordine proseguono con gli accertamenti per ricostruire esattamente i fatti. Francesco era apprezzato non solo come professionista, ma anche per il suo impegno nel sociale: nel 2016 aveva preso parte a una missione solidale ad Arquata del Tronto.