Terremoto Myanmar, ecco come sono possibili i danni a 1.300 km di distanza (2 / 2)

Il bilancio del terremoto in Myanmar sale. Lo fa sapere la giunta militare del paese, mentre secondo le stime dello United States Geological Survey (Usgs) il conto finale dei decessi potrebbe arrivare a 10 mila. Ma cosa ha provocato le due scosse di magnitudo 7.7 e 6.4, 300 volte più forti di quelle di Amatrice? Una scossa così forte da aver provocato crolli a 1.300 chilometri di distanza? Gli esperti puntano il dito sulla faglia di Saigang.

«Non è spiegabile che un terremoto provochi danni a oltre mille chilometri. A meno che non si ipotizzi un fenomeno di amplificazione locale: e in effetti Bangkok è costruita su giacimenti alluvionali in prossimità della riva del mare. Un contesto geologico che può aver amplificato una scossa arrivata da così lontano», dice oggi a Repubblica Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. La placca indiana, premendo verso Nord-Nordest, ha generato l’Himalaya.

Per adattarsi a tutto questo movimento laterale, si sono formate delle faglie che consentono alle placche tettoniche di scivolare lateralmente. È una di queste», dice Rebecca Bell, esperta di Tettonica all’Imperial College di Londra.

La faglia di Sagaing ha la caratteristica di essere dritta come una linea retta. Proprio per questo i terremoti che genera possono investire grandi aree. «E più grande è l’area della faglia, più forte è il terremoto. Non a caso ci sono stati sei terremoti di magnitudo 7 o superiore in questa regione nell’ultimo secolo», conclude Bell.

Secondo gli scienziati dell’università di Chulalongkorn la faglia accumula energia per lunghi periodi prima di rilasciarla. Ora entra in gioco la legge di Omori, che prende il nome dal geofisico giapponese che spiegò come dopo un grave evento sismico ha luogo un decadimento della magnitudo fino all’azzeramento. Poi la faglia riprende ad accumulare energia. In attesa della prossima scossa.