Le parole della giovane donna, più che un sollievo completo, hanno rappresentato un improvviso cambio di direzione per l’indagine in corso. L’attenzione si è spostata subito su ciò che i Carabinieri hanno trovato nella tasca sinistra della sua felpa. In quell’anfratto di stoffa, il luogotenente ha trovato due smartphone. Entrambi erano inutilizzabili: privi della scheda sim.
L’occultamento dei dispositivi, uno dei quali era il suo telefono spento da giorni, sembrava confermare un piano preciso.L’intero ritrovamento si è consumato in un appartamento della zona di Nardò, dopo un’indagine serrata che aveva già dovuto superare un primo, difficile ostacolo tecnico.Nelle ore precedenti, le forze dell’ordine avevano lavorato incessantemente sui filmati di sicurezza.
Nonostante un forte temporale avesse messo fuori uso le telecamere pubbliche, la tenacia degli investigatori ha portato al recupero di frame privati.Quelle immagini si sono rivelate la chiave di volta, mostrando proprio Tatiana e l’amico, che si allontanavano da un parco vicino casa per entrare insieme nell’abitazione.
Questo dettaglio ha orientato l’intera inchiesta verso la chiara ipotesi di un allontanamento volontario. Una scelta che, per quanto abbia evitato il fatto peggiore, ha immediatamente sollevato polemiche, tra cui quelle della dottoressa Roberta Bruzzone relative all’addebito dei costi delle ricerche.
“Non è accettabile che un Paese intero venga messo in allarme, che forze dell’ordine, volontari, unità cinofile, elicotteri e strutture operative vengano mobilitati per giorni… e poi si scopra che tutto era frutto di un allontanamento autonomo, privo di qualsiasi reale elemento di rischio», ha scritto sui social. E ha concluso: «Se sarà confermato che l’allontanamento è stato volontario, allora è doveroso che i costi delle ricerche e dei procedimenti penali avviati vengano posti a carico della diretta interessata” . ha detto la Bruzzone scrivendo sui suoi canali social.