"Si, si… poi sono scappato". Garlasco l’intercettazione che sconvolge tutti (2 / 2)

A distanza di anni, una conversazione privata riaccende i riflettori sul delitto di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. È l’intercettazione tra Alberto Stasi, condannato in via definitiva per il delitto, e il suo ex avvocato, Giarda, a sollevare nuove domande.

Il dialogo, fatto ascoltare durante “Quarta Repubblica” su Rete 4, si concentra su uno dei nodi cruciali del processo: il tempo trascorso tra il ritrovamento del corpo e la chiamata ai soccorsi. Nel colloquio, l’ex legale chiede conferma a Stasi sui minuti intercorsi, precisando: “Sono sei minuti, dicono“. Cosa risponde Stasi?

Sul mio telefono sei minuti“, la replica immediata. Lo scambio conferma la centralità di quel brevissimo lasso di tempo – l’intervallo tra l’ultima chiamata dal cellulare di Stasi e quella ai numeri di emergenza – nelle ricostruzioni investigative. Ma è la descrizione dei propri stati d’animo, fornita dallo stesso Stasi, a colpire.

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L’uomo dipinge un quadro di panico immediato e confusione: “Appena l’ho vista sono scappato via e ho chiamato quando ero in macchina“. Nel dialogo, attribuisce la sua condotta a uno choc tale da impedirgli persino di ricordare il numero civico della casa, rigettando qualsiasi accusa di freddezza o calcolo.

Questa testimonianza “in diretta”, seppur filtrata da una chiamata privata, riporta al centro del dibattito pubblico la psicologia di quei momenti. A tal proposito, è sorprendente la tempistica così stretta tra il ritrovamento del corpo e la fuga di Stasi dall’abitazione, con immediata chiamata ai soccorsi. Il caso Garlasco dimostra, ancora una volta, come alcuni dettagli temporali e umani continuino a interrogare l’opinione pubblica, a prescindere dalla verità giudiziaria ormai stabilita.