Nicola Pietrangeli si è spento all’età di 92 anni, lasciando un vuoto enorme nel mondo del tennis e dello sport italiano. Pietrangeli non si è limitato a essere un campione: fino all’ultimo è rimasto voce critica, passionale e orgogliosa del suo tennis, intervenendo spesso sulle trasformazioni del gioco moderno.
Anche dopo il ritiro, il suo nome è rimasto legato al cuore del tennis italiano: lo stadio del Foro Italico che porta il suo nome è diventato un simbolo, un luogo di memoria e di ispirazione per nuovi talenti. Diverse volte ha raccontato con sincerità di aver vissuto momenti complicati, tra ricoveri, controlli e una serie di acciacchi fisiologici legati all’età.
La sua scomparsa segna la chiusura di un’era: Pietrangeli non era solo un atleta d’eccellenza, ma un simbolo generazionale, capace di elevare il tennis italiano nella storia dello sport mondiale. A decretare la sua fine è stato un brutto male che lo aveva afflitto da tempo — secondo fonti vicine all’ex campione — e che aveva progressivamente minato le sue forze.
Negli ultimi anni la salute di Pietrangeli aveva mostrato segnali di cedimento. Aspirante a un sereno tramonto, affrontava dolori cronici, in particolare a un osso sacro che gli causava sofferenza costante. “Ho battuto la neoplasia ma non la vecchiaia”, disse in una delle sue ultime interviste, denunciando la fatica fisica persistente.
E, secondo le prime indiscrezioni, proprio quel brutto male che si vantava di aver battuto, potrebbe essersi ripresentato negli ultimi mesi compromettendone irrimediabilmente la sua salute. Alla sofferenza fisica si aggiunse un dolore personale immenso: la scomparsa del figlio, che lo colpì profondamente e aggravò uno stato emotivo già fragile.