Processo Cecchettin, il racconto di Turetta ricco di particolari (2 / 2)

 

Il processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin si è svolto presso la Corte d’assise di Venezia, dove Filippo Turetta è stato interrogato. In aula, si è presentato con un aspetto dimesso, evitando lo sguardo e mantenendo un tono di voce monotono.

Durante l’udienza, ha ammesso di aver pianificato di rapire Giulia e farle del male, anche se ha faticato a esprimere questi pensieri ad alta voce. Non ha mai nominato l’ex fidanzata e ha letto un memoriale scritto nel penitenziario, nel quale ha tentato di spiegare le sue azioni, ma le sue dichiarazioni sono state interrotte da silenzi e incertezze.

Nel memoriale, Turetta ha riconosciuto di aver stilato una lista di azioni da compiere contro Giulia, che ha descritto come un modo per esprimere la sua frustrazione.  “Io volevo…tornare insieme a lei, tornare ad avere un rapporto -ha dichiarato Turetta- Di questo soffrivo molto. E provavo risentimento verso di lei. Avevo rabbia. Io stavo male per questa cosa, mi creava sconforto e rabbia. Penso sia questa la verità. Ovviamente sono pensieri ingiusti. Incolpavo lei di non riuscire a portare avanti la mia vita. Volevo che il nostro destino fosse lo stesso per entrambi”.

Nonostante le sue ammissioni di premeditazione, ha mostrato difficoltà a parlare apertamente dei suoi intenti delittuosi e non è riuscito a fornire spiegazioni chiare su alcune delle sue scelte, come l’uso di lame che aveva in auto. Tuttavia, le sue dichiarazioni sono state interrotte da tensioni tra i legali delle parti, evidenziando la complessità della situazione.

Gino Cecchettin, il padre di Giulia, ha assistito all’udienza e, visibilmente colpito, ha dichiarato di cercare solo giustizia per la figlia. Dopo il processo, Gino ha lasciato l’aula, esprimendo il suo profondo dispiacere per ciò che ha patito Giulia negli ultimi momenti della sua vita.