Il virus dell’influenza aviaria H5N1, in questi ultimi mesi, sta mettendo a dura prova Stati Uniti, in particolare la Louisiana (USA) , in cui un 65enne con patologie pregresse, contagiato, ha perso la vita. Per fortuna, non è andata così per una 13enne canadese, con preesistenti condizioni di obesità e asma, pur essendo in buone condizioni di salute, complessivamente, che ce l’ha fatta.
Il virus H5N1 è un patogeno che colpisce gli uccelli, ma si è ora diffuso anche tra alcuni mammiferi come le mucche da latte, che hanno i ricettori nelle ghiandole mammarie Un recente studio, pubblicato su Science, ritiene che sia sufficiente una singola mutazione per rendere il virus H5N1 capace di infettare efficacemente la nostra specie e di iniziare a diffondersi per contagio da uomo a uomo.
Ecco arrivare l’annuncio raggelante di Fabrizio Pregliasco che, intervistato da Today,it, ripercorrendo la storia del virus H5N1, isolato per la prima volta in una persona a Hong Kong, ha dichiarato che il virus che spaventa per il futuro, per poi precisare: ” Nelle mucche il virus H5N1 infetta principalmente le ghiandole mammarie, causando un drastico calo nella produzione del latte. Nelle persone, la principale via di infezione sembra essere attraverso gli occhi: la congiuntivite, o occhi i rossi e infiammati, sembra essere il sintomo che rivela l’infezione”.
Pregliasco ha aggiunto che alcuni animali da affezione e altri animali ‘strani’ come il leone marino e le foche, sono risultati positivi al virus. Alla luce di tutto questo, il famoso virologo ritiene che siamo a conoscenza solo della punta dell’iceberg, di un piccolo gruppo di persone che hanno contratto l’infezione al di fuori del quale potrebbero esserci moltissimi casi asintomatici o lievi sfuggiti alla sorveglianza.
Riguardo all’infezione, rassicura sul fatto che l’animale cotto così come il latte pastorizzato si possono consumare serenamente, non causandola, per poi aggiungere quali sono le categorie a rischio ossia gli allevatori, i veterinari, coloro che sono a contatto diretto con la saliva, il muco e le feci di animali potenzialmente infetti.
Il virologo ritiene che l’Italia, rispetto ad altre nazioni, avendo sempre prodotto pollame anche solo per il bisogno nazionale e quindi per l’esportazione, ha fatto si che i veterinari siano molto esperti in materia e, peraltro, esistono rigide disposizioni. n caso di focolaio bisogna bloccare tutta la produzione e abbattere tutti gli animali, bonificando l’ambiente. Pregliasco ha chiosato dicendo che, per ora, in Italia non ci sono casi di influenza aviaria in esseri umani.