Non si tratta di un’innovazione recente. In epoca medievale, i cimiteri erano anche luoghi di mercato, socialità e perfino pascolo. Nell’Ottocento, i grandi cimiteri urbani – spesso ampi e alberati – divennero destinazioni per picnic, letture all’ombra delle tombe e giochi infantili. E anche in Italia, nei monumentali costruiti durante il Risorgimento, come quello di Staglieno a Genova, si registravano scene simili.
A Trondheim, in Norvegia, l’amministrazione cittadina è parsa voler riprendere forse questa antica tradizione: progettare i nuovi cimiteri non solo come luoghi di sepoltura, ma anche come spazi di vita quotidiana.
Il cimitero di Charlottenlund, aperto nel 2020, ne è un esempio concreto. È ormai consueto vedere bambini delle scuole materne passeggiare tra le lapidi, persone con il cane al guinzaglio che si fermano per un panino, o runner che attraversano i vialetti durante l’allenamento.
Un’idea che può sembrare insolita a chi è cresciuto con la concezione del cimitero come spazio esclusivamente sacro e separato dal quotidiano, ma che in molte città del nord Europa è la norma. Nei paesi scandinavi, nel Regno Unito e persino negli Stati Uniti, i cimiteri sono da tempo vissuti anche come parchi, musei all’aperto e luoghi di aggregazione.
Oggi, una nuova generazione di appassionati – i “tafofili” – riscopre i cimiteri come luoghi di bellezza, arte e storia. In Italia, persone come Giulia Depentor, Beccamorta o “La Necroturista” raccontano sui social le loro esplorazioni tra statue, alberi secolari e lapidi scolpite. Forse è tempo di ripensare al cimitero non solo come luogo di fine, ma come parte integrante del tessuto urbano, da vivere con rispetto, ma senza paura.