Sei un amico fritz, quante volte lo abbiamo detto? Ma cosa significa? Parliamo, in soldoni, di un falso amico, di colui che mostra di volerci bene ma che in realtà non ce ne vuole. A volte, basta davvero poco per comprendere che ci sta tradendo, parlando male della nostra persona.
I sospetti, il più delle volte, diventano realtà. Per comprendere le origini di questo modo di dire dobbiamo fare un salto indietro fino al 1891, anno in cui viene pubblicata l’operetta L’amico Fritz, a sua volta basata su un romanzo (L’ami Fritz di Émile Erckmann e Alexandre Chatrian), di Pietro Mascagni, un grande compositore d’Italia, famosissimo per Cavalleria Rusticana.
Friz, i n questo romanzo, è un uomo buono, che vuole restare single ma che si innamora di Suzel. Non è doppiogiochista. Eppure nel nostro Paese tale espressione ha assunto connotati negativi, facendo riferimento ad un’amicizia finta. Nella Prima e nella Seconda guerra Mondiale, in cui gli italiani, affianco al già noto “crucchi”, cominciarono a chiamare in modo colloquiale “Fritz” i soldati tedeschi, ad esempio.
In questo murato contesto storico, sociale, politico, l’espressione “amico Fritz” divenne un modo sarcastico per riferirsi ai tedeschi, che formalmente erano “alleati” (soprattutto durante l’Asse Roma-Berlino), ma che nei fatti erano percepiti come arroganti, prepotenti e dominatori; motivo per cui assumeva un sottinteso di diffidenza, doppiezza e falsa amicizia, che è arrivato fino a noi.
Noi usiamo il termine “amico Fritz” quando in una conversazione vogliamo parlare di qualcuno noto a tutti senza però chiamarlo per nome; generalmente qualcuno la cui presenza è ingombrante e fastidiosa e non si vuole neanche nominare, o una persona ambigua e poco chiara, che non dichiara mai apertamente i propri scopi. Un esempio straordinario di come la cultura popolare, il teatro, la letteratura e la geopolitica si intreccino nella creazione dei modi di dire.