Un uomo di 48 anni, vedovo con tre figli, si è tolto la vita a Villaggio Santa Rosalia, Palermo, lasciando una lettera di disperazione alla figlia 15enne. L’uomo accusava la ragazza e il suo fidanzato di averlo manipolato, estorto denaro e colpito psicologicamente. Durante l’ultima udienza del processo a loro carico, il giudice Nicola Aiello ha esaminato le accuse, valutando se rinviarli a giudizio.
I dissidi familiari sono iniziati quando il padre si è opposto alla relazione della figlia con il ragazzo, più grande di tre anni. La situazione è peggiorata quando l’uomo ha intrapreso una nuova relazione, scatenando nella figlia un’escalation di minacce, spesso supportate dal fidanzato. Le richieste di denaro erano continue e accompagnate da avvertimenti gravi.
La ragazza aveva persino di lasciare la scuola per attirare l’attenzione dei servizi sociali e, secondo l’accusa, avrebbe tentato di incastrare il padre con false accuse. Le pressioni psicologiche e le vessazioni avrebbero portato l’uomo a un punto di non ritorno.
Nella sua lettera, letta in aula il 26 marzo, il padre esprimeva un dispiacere profondo e un disprezzo incontenibile, dichiarando di non riuscire a perdonare la figlia per ciò che gli aveva fatto subire. Durante l’udienza davanti al giudice per i minori, la ragazza e il fidanzato si sono dichiarati pentiti tra lacrime e singhiozzi.
Nel frattempo, la giovane, che ha avuto un bambino, è stata trasferita in una comunità a Catania, mentre il fidanzato, ormai maggiorenne, si trova detenuto nel penitenziario minorile Malaspina di Palermo. Ora la giustizia dovrà stabilire se vi siano le basi per un processo a loro carico. Il caso ha scosso profondamente l’opinione pubblica, che si aspetta ora risposte dalla magistratura.