Papa Leone XIV, prima messa celebrata nella Cappella Sistina. Il duro messaggio (2 / 2)

Con il Vangelo di Matteo che riecheggiava nella Cappella Sistina, Papa Leone XIV ha celebrato la sua prima Messa da Pontefice, tracciando fin dall’inizio le coordinate del suo ministero. La scelta del brano evangelico che narra l’istituzione del primato petrino non è casuale: è il fondamento su cui il nuovo Papa, Robert Francis Prevost, ha voluto costruire simbolicamente il suo servizio.

Rivolgendosi ai cardinali elettori in lingua inglese, la sua madrelingua, Leone XIV ha espresso con tono pacato ma fermo la consapevolezza della missione ricevuta: “Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, mi affida questo tesoro perché ne sia fedele amministratore”.

Parole che rivelano una visione della Chiesa come un faro di salvezza in un’epoca segnata da sfide globali. “So di poter contare su ciascuno di voi“, ha aggiunto, sottolineando l’importanza della collegialità. Poi, passando all’italiano, il Papa ha affrontato con lucidità le piaghe della modernità, senza risparmiare toni piuttosto duri.

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Oggi la fede è considerata assurda, roba da deboli“, ha osservato, citando i nuovi idoli – tecnologia, denaro, potere – che svuotano il Vangelo del suo significato. Ma l’attacco più duro è andato alla banalizzazione di Cristo: “Gesù è ridotto a leader carismatico, un superuomo“, ha denunciato.

Una deriva che coinvolge persino molti battezzati, colpevoli di vivere un “ateismo di fatto”. Niente toni apocalittici, ma una diagnosi precisa delle crisi spirituali del nostro tempo. Se l’omelia ha evitato riferimenti diretti a questioni divisive, ha però delineato una Chiesa chiamata a resistere alle mode culturali, mantenendo la sua identità profetica.