
Il luogo della quiete e del definitivo omaggio è stato la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove Papa Francesco è sepolto.A giugno, accompagnato dall’Arciprete del luogo, il cardinale Rolandas Makrickas, Gänswein si è inginocchiato davanti alla tomba, compiendo un gesto di preghiera.
Un momento che ha sugellato la sua verità, rivelata solo ora: «Mi sono scusato e riconciliato con Francesco prima che morisse». Ha ammesso con chiarezza che il rapporto non è sempre stato semplice, ma ha precisato che di fronte a ciò che non funziona, «non si chiudono gli occhi: ci si scusa».
Oggi, la sua missione è cambiata. Gänswein è tornato in Italia dalla sua nuova sede, dove ricopre il ruolo di nunzio apostolico, l’ambasciatore della Santa Sede nei Paesi baltici. La nuova sfida, ammette, è avvincente ma complessa sotto l’aspetto geopolitico, in un’area dove si respira una forte «preoccupazione “atmosferica”». Il motivo istituzionale del suo rientro romano, tuttavia, è stato il ricordo del suo mentore, Benedetto XVI.

È a lui dedicato il libro Dio è la vera realtà, una raccolta di omelie che rappresentano l’ultima testimonianza della sua voce, anche dopo la rinuncia al pontificato. L’arcivescovo non ha dubbi sulla statura spirituale di Ratzinger: spera fermamente che si apra presto un processo di beatificazione per l’uomo che ha servito per anni, un cammino che la Chiesa, ha specificato, affronterà con la sua saggezza.
Infine, Gänswein ha affrontato un tema teologicamente spinoso, quello della Messa tridentina in latino. Ha espresso una critica velata alle restrizioni introdotte da Papa Francesco, sostenendo che la precedente apertura di Benedetto XVI aveva garantito una fondamentale «pace liturgica» all’interno della Chiesa. Questa pace, ha concluso, è stata purtroppo «danneggiata».