Omicidio Willy Monteiro, la sentenza choc è appena arrivata (2 / 2)

Willy Monteiro Duarte, alla fine del pestaggio che lo lasciò al suolo senza vita e senza un organo intatto, con lesioni al fegato, al diaframma, ai polmoni, a milza, pancreas, emorragie cerebrali causate dai calci al volto, aveva un cuore spaccato a metà. Willy, lo ricordo, subì 50 secondi di calci e pugni ininterrotti, come ritorsione vile e violenta di una banale discussione, nella quale aveva semplicemente tentato di mettere pace.

Finalmente, dopo ore di tensione palpabile, ansia, preoccupazione, dopo le parole toccanti fornite ai giornalisti dall’amico di Willy, Samuele Cenciarelli, che ha visto tutti e 4 gli imputati infierire sul capoverdiano, e che fino all’ultimo ha sperato nell’ergastolo, indistintamente, per tutti loro, la sentenza di primo grado sul suo omicidio è arrivata.

Per i familiari, per gli amici, che non hanno mai saltato un’udienza, per tutti coloro che credono nella giustizia, i giudici della Corte di Assise di Frosinone hanno preso la loro decisione sulle richieste di condanna già avanzate dal pubblico ministero nei confronti dei fratelli Mario e Gabriele Bianchi. La sentenza è arrivata puntuale, poco dopo le 13. Sono stati condannati all’ergastolo i fratelli Marco e Gabriele Bianchi accusati dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte avvenuto nel settembre del 2020 a Colleferro.

Ventuno anni di reclusione a Francesco Belleggia, ventiquattro a Mario Pincarelli, gli altri due ragazzi considerati gli autori del pestaggio che hanno portato alla morte di Willy. La notizia dell’ergastolo ha fatto immediatamente scattare in aula gli applausi di tutti i presenti, che hanno sempre creduto nella giustizia e che hanno sempre ritenuto colpevoli i due fratelli, che invece, hanno sempre riversato le loro colpe sugli altri 2. Ora sappiamo che i fratelli Bianchi sono gli assassini di Willy.

Ai genitori del 21enne massacrato a Colleferro è stata disposta una provvisionale di 200 mila euro per ciascuno, mentre 150 mila euro per la sorella.  Al termine della pronuncia della sentenza, il pubblico ministero Giovanni Taglialatela ha espresso la sua soddisfazione per il verdetto: “È quello che speravamo in relazione al lavoro svolto, ma sappiamo che il giudizio poi si presta a delle variabili e il fatto aveva un contesto e delle sfumature che potevano dare adito a una diversa valutazione. Tuttavia le prove che avevamo prodotto erano, a nostro avviso, assolutamente sufficienti e più che fondate per chiedere quello che abbiamo chiesto”.