Omicidio Diana Pifferi, la notizia è di poco fa: ecco come l’hanno ritrovata (2 / 2)

Ora la Pifferi è rinchiusa nel carcere di Rebibbia e su di lei pende un’accusa gravissima: quella di omicidio volontario pluriaggravato, mentre si attendono con ansia gli accertamenti tecnici sul contenuto del biberon, poiché, se venissero scoperte tracce di benzodiazepine, la sua posizione si aggraverebbe ulteriormente, rischiando l’ergastolo. La scena che i soccorritori si sono trovati dinnanzi ai loro occhi il 20 luglio scorso è a dir poco orrenda. La madre assassina si è rivolta ad una donna che abita nella palazzina di fronte per chiedere aiuto ed è stata quest’ultima a chiamare il numero unico, allertando il personale sanitario.

Sempre la stessa vicina dirimpettaia della Pifferi, ha accolto i soccorritori, mentre Alessia, seduta sul divano, senza nemmeno una lacrima che rigasse il suo volto, ha provato in tutti i modi a depistare le indagini, dichiarando agli operatori, giunti sulla scena del crimine, di aver lasciato Diana con la fantomatica baby sitter nei giorni in cui era stata via da casa, aggiungendo anche di essersi videochiamata con la tata per assicurarsi che la figlioletta stesse bene.

Ma la realtà, come sappiamo, è ben altra. Non è mai esistita nessuna baby sitter che si sia presa cura della bambina, che è morta di stenti, abbandonata a se stessa, senza che i vicini sentissero un suo grido, un suo lamento, un suo pianto. Questo, ovviamente, rimane uno dei dubbi più grandi di questo figlicidio, attorno al quale gli inquirenti stanno cercando di far chiarezza e molto di più si potrà sapere, si spera, all’esito degli esami tossicologici sui residui del biberon.

Diana si trovava sul lettino da campeggio, in camera da letto, con un vestitino giallo, senza pannolino ed era tutta bagnata. Quando il personale sanitario, giunto in casa, ha chiesto come mai la piccola fosse in quelle condizioni, la madre ha affermato di averle dato da bere, credendo che avesse sete. Ma questa versione si è rivelata subito infondata perché Diana era morta da 48 ore ed i soccorritori non hanno constatato la mancanza del rilascio sfinterico, che è sempre presente quando qualcuno muore. La mancanza di urina e feci intorno a Diana lascia pensare che Alessia l’abbia lavata prima di denunciarne le condizioni. L’appartamento è stato ritrovato perfettamente in ordine, senza nessuna foto della piccola appesa.

Pare che Alessia, sempre per depistare l’orribile reato di cui si è macchiata, intorno alle 8 abbia inviato un messaggio alla sorella, in cui, quasi a volersi giustificare di qualcosa, diceva di aver avuto problemi con Diana che faceva capricci a causa dei dentini. La sorella, probabilmente, non è stata tanto convinta di questa risposta, chiedendole se fosse tutto apposto e la Pifferi le ha risposto che era tutto ok e che stavano rientrando. A distanza di 2 mesi da quel maledetto 20 luglio, giorno del macabro ritrovamento del corpo senza vita della bimba, sono ancora tanti i dubbi che meritano di essere chiariti.