“Ok, ora parlo”. Caso Yara, l’annuncio choc di Massimo Bossetti (2 / 2)

Il muratore di Mapello sta scontando la sua condanna (diventata definitiva in Cassazione il 12 ottobre del 2018) nel carcere di Bollate (Milano) e si è sempre dichiarato innocente. Dalla sua cella, ha deciso di scrivere una lettera proprio in questo periodo cruciale per le indagini che potrebbero portare ad  una clamorosa svolta.

Bossetti inizia così la sua lunga lettera: “Chi è quel pazzo che chiede insistentemente di poter ripetere l’esame del DNA se fosse coinvolto in un omicidio dove le proprie responsabilità gli si schiaccerebbero addosso come pietre tombali? È dal giorno del mio arresto, vergognoso e disumano, che chiesi con insistenza durante ore e ore di stressanti interrogatori di poter ripetere questo esame”.

L’ex muratore di Mapello prosegue: “Mi è stato sempre detto che il materiale in questione era stato tutto consumato nel corso delle varie consulenze e ritenuto pacificamente Inesistente! Ora Urlo, perché dovermi negare un’evidenza quando tutti erano ben consapevoli sull’esistenza di questo DNA. Mi chiedo, perché doverlo asportare da dove era ben custodito in appositi congelatori, per poi essere trasferito all’ufficio Corpo di reato adagiandolo sopra uno scaffale in scatole di cartone ad una temperatura ambiente, pur nella consapevolezza che tale ufficio ne fosse sprovvisto di strutture idonee alla corretta conservazione, affinché, potesse restare idoneo e garantito per un eventuale accertamento sull’esame se proprio non si avesse avuto nulla da temere?”.

Massimo Bossetti conclude con queste parole la sua lettera“Nessuno avrebbe dovuto provocare la distruzione dei campioni in sequestro se non c’è un provvedimento emesso da un giudice che lo attesti! Tutto questo assurdo atteggiamento, lo trovo inappropriato, inopportuno e imperdonabile!” In ogni passaggio della missiva, Bossetti fa un esplicito riferimento alle accuse di frode processuale e depistaggio, con cui il gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, ha disposto l’iscrizione nel registro degli indagati per la pm di Bergamo del caso Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri, in merito alla conservazione dei reperti dell’inchiesta che ha portato in carcere Massimo Bossetti.

Dopo la condanna definitiva di Bossetti, nel 2018, le 54 provette contenenti le tracce biologiche di Bossetti e di Yara vennero spostate dal frigoriferdell’ospedale San Raffaele di Milano, all’ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo, su decisione proprio di Ruggeri. Ci misero 12 giorni ad arrivare e non si sa come furono conservate. Per i legali di Massimo Bossetti venne interrotta la catena del freddo, deteriorando il materiale biologico e rendendo impossibili nuove analisi. La Ruggeri oggi si trova indagata dal gip del tribunale di Venezia proprio per quel trasferimento di prove.