La notte del 30 luglio, il tranquillo paesino di Terno d’Isola è stato scosso dal delitto di Sharon Verzeni, la cui vita è stata spezzata per mano del 30enne di Suisio Moussa Sangare. Durante l’interrogatorio, Sangare ha dichiarato di aver scelto Sharon a caso e di aver portato con sé quattro coltelli, spiegando che il suo intento era semplicemente “eliminare qualcuno”.
La sua confessione ha lasciato gli inquirenti sconvolti e ha avviato un’intensa indagine per chiarire le motivazioni dietro questo atto violento. Dopo l’interrogatorio, i carabinieri hanno perquisito l’abitazione di Sangare, un ex rapper che viveva in condizioni di degrado in un appartamento occupato nella campagna bergamasca.
Durante la perquisizione, sono state trovate una sagoma in cartone segnata da fendenti, presumibilmente usata per esercitarsi e un ceppo di sei coltelli affilati. Tra questi ultimi c’erano anche i quattro che Sangare aveva portato con sé la sera del delitto. La lama utilizzata per il delitto di Sharon è stata rinvenuta sepolta nel greto del fiume vicino a Medolago, confermando la premeditazione dell’atto.
Il legale della famiglia Verzeni, Luigi Scudieri, ha commentato l’accaduto evidenziando che il delitto non può essere considerato un raptus improvviso. Sangare aveva avuto tempo e opportunità di minacciare anche altre due persone prima di scagliarsi contro Sharon, suggerendo che era stato tutto premeditato e mirato.
La procuratrice di Bergamo, Maria Cristina Rota, ha descritto il delitto come un atto privo di senso e senza movente apparente. Secondo Rota, Sharon Verzeni si trovava semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato, aggiungendo che l’atto di violenza non ha una spiegazione logica che possa giustificare una simile crudeltà.