La suggestiva vicenda di Valeria, una ragazza di soli quattordici anni trovata senza vita nell’ex fabbrica abbandonata di Ponteranica, rappresenta un episodio triste che scuote profondamente la coscienza collettiva e apre una riflessione sui silenzi e i patemi spesso invisibili che accompagnano l’adolescenza. Quel disegno realizzato per l’esame di terza media, che raffigura una ragazza triste in lacrime davanti a una città in fiamme, non è soltanto un semplice elaborato scolastico, ma si configura come una potente metafora di uno stato emotivo profondamente compromesso.
Sul retro, la scritta “Bruciatelo perché non ha futuro, come me”, scritta in alfabeto cirillico, rivela un sentimento di rassegnazione e disperazione che va ben oltre l’adolescenza e si radica in una realtà complessa. L’operazione militare in Ucraina, che ha costretto Valeria a lasciare il suo paese per cercare rifugio in Italia, ha certamente lasciato un segno indelebile nella sua vita, segnando un percorso di disorientamento e difficoltà di integrazione.
Il fatto che Valeria si trovasse in un luogo come l’ex fabbrica abbandonata, un’area isolata e potenzialmente pericolosa frequentata da persone emarginate e giovani che praticano attività rischiose come il parkour, è sintomatico di un bisogno di isolamento e fuga da un mondo che forse le appariva contrastante o incomprensibile. La scelta di frequentare uno spazio così marginale lascia intuire un malessere profondo, una ricerca di un angolo dove poter esprimere un patema che non trovava altre vie di sfogo. La caduta dal tetto di quell’edificio, da un’altezza considerevole, che non le ha lasciato scampo, si carica così di molteplici significati e questioni aperte: si è trattato di un gesto volontario, maturato in un momento di grande fragilità psicologica e di isolamento emotivo?
Oppure potrebbe essere stato un episodio casuale, frutto di una distrazione o di una sfortunata dinamica? Ancora più inquietante è la possibilità che qualcuno l’abbia spinta o che vi siano state pressioni esterne, magari legate al contesto sociale o alle frequentazioni di quel luogo, e che la scomparsa di Valeria nasconda una dinamica più complessa. L’apertura del fascicolo con l’ipotesi di omicidio a carico di ignoti da parte della Procura rappresenta un segnale importante: permette di estendere le indagini a tutte le possibili cause e di utilizzare strumenti come l’autopsia e le analisi forensi per fare piena luce sull’episodio. Nel frattempo, la comunità locale di Ponteranica si trova ad affrontare un lutto profondo, con la famiglia della giovane – lo zio e la nonna – immersa in un sconforto che si fa fatica a esprimere a parole, alla ricerca di risposte che al momento sembrano sfuggire. La giornata di lutto cittadino prevista vuole essere un momento di raccoglimento e solidarietà verso una famiglia straziata e una comunità scossa.
Questa vicenda richiama con forza l’attenzione sulla condizione di fragilità di molti adolescenti, spesso invisibili o non ascoltati, soprattutto quando provengono da contesti complessi come quello dei rifugiati o dei migranti che hanno vissuto esperienze che cambiano la vita. Il disagio psichico, la solitudine, la mancanza di riferimenti e supporti adeguati possono portare a esiti senza ritornose non riconosciuti e affrontati tempestivamente. Il caso di Valeria è un monito sulla necessità di costruire reti di protezione sociale, scolastica e sanitaria capaci di intercettare i segnali di disagio e di offrire ai giovani percorsi di sostegno concreti, perché nessuno dovrebbe sentirsi senza futuro, come ha tristemente scritto quella ragazza in un disegno che oggi parla per lei.