
Il calcio europeo piange la scomparsa di una delle stelle più luminose del rettangolo verde. La sua figura resta indissolubilmente legata all’epopea della squadra guidata da Brian Clough, capace di conquistare per due anni consecutivi la Coppa dei Campioni. Tecnica sopraffina, intelligenza tattica e una naturale eleganza nel gioco: qualità che portarono Clough a definirlo il “Picasso del calcio”.
John Robertson, deceduto all’età di 72 anni. Lo scozzese è stato uno dei volti più iconici del Nottingham Forest e un protagonista assoluto di una delle stagioni più romantiche e straordinarie della storia del pallone. Robertson non era un calciatore appariscente, ma sapeva essere decisivo nei momenti chiave, cambiando il corso delle partite con una giocata semplice e geniale allo stesso tempo.
Era l’uomo della finale, quello che non tradiva mai quando la pressione saliva. Il suo nome è scolpito nella storia del Forest soprattutto per le finali europee. Nel 1979 fu suo l’assist che permise a Trevor Francis di segnare il gol decisivo contro il Malmö. L’anno seguente, contro l’Amburgo, fu invece Robertson a firmare la rete che consegnò al club inglese il secondo trionfo consecutivo, un’impresa entrata nella leggenda.

Nato in Scozia nel 1953, vestì a lungo la maglia del Nottingham Forest, con cui conquistò sette trofei complessivi. Con la nazionale scozzese partecipò ai Mondiali del 1982, lasciando il segno anche a livello internazionale con una rete storica nella vittoria contro l’Inghilterra. Dopo il ritiro, rimase nel calcio come allenatore e dirigente tecnico.
Per circa quindici anni fu il fidato vice di Martin O’Neill, contribuendo a importanti successi con Leicester, Aston Villa e soprattutto Celtic Glasgow, con cui dominò il campionato scozzese e raggiunse anche una finale di Coppa Uefa. A testimonianza dell’amore mai venuto meno, i tifosi del Nottingham Forest lo hanno eletto, dieci anni fa, giocatore più amato di sempre.