Massimo Bossetti, caso Yara Gambirasio: la svolta nelle indagini sul Dna

Condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, Bossetti non si è dato ancora per vinto ed è ora partito al contrattacco con gravi accuse al pm: ecco cosa ha dichiarato.

Massimo Bossetti, caso Yara Gambirasio: la svolta nelle indagini sul Dna

Sono passati più di 10 anni dal brutale omicidio di Yara Gambirasio, una ragazzina appena 13enne di Brembate ritrovata senza vita nelle campagne di Chignolo d’Isola. Un terribile caso di cronaca che ha segnato una delle pagine più nere della storia recente italiana, conclusasi con la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti, colpevole dell’omicidio in tutti i gradi di giudizio.

Dopo tutti questi anni, l’ex muratore di Malpello non si è dato ancora per vinto, dichiarandosi sempre innocente e finendo ora per puntare il dito contro il pm Letizia Ruggeri con accuse gravissime. In sostanza Bossetti, tramite i suoi avvocati e consulenti, sostiene come una grave imprudenza della pubblica accusa abbia compromesso irrimediabilmente la sua posizione: ecco perchè.

L’accusa di Bossetti

Oggetto del contendere sono ancora quelle 54 provette contenti la traccia biologica mista della vittima e del carnefice, da sempre terreno di scontro tra accusa e difesa. In particolare, nel 2019 l’avvocato di Bossetti, Claudio Salvagni, aveva chiesto con successo l’accesso a quei campioni di Dna per poterli esamiare. 

A quel punto il pm Letizia Ruggeri commise la grave imprudenza, secondo i consulenti dell’ex muratore di Malpello, di trasferire le provette dall’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo, alterandoli irrimediabilmente. “I campioni biologici dovevano essere conservati al freddo, per evitarne lo scongelamento e il conseguente deterioramento“, accusano i consulenti del 51enne, ancora deciso a reclamare la sua innocenza.

I legali di Bossetti, hanno chiesto ora al gip di Venezia di indagare la pm Letizia Ruggeri con le accude pesantissime per frode processuale e distruzione dolosa dei reperti. Qualora queste accuse si rivelassero fondate, si aprirebbe uno spiraglio per poter richiedere una clamorosa revisione del processo. Si tratta di una vicenda che, nonostante l’espletamento di tutti e tre i gradi di giudizio, pare ancora ben lontana dall’essere definitivamente archiviata alla storia.

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