Martina Patti in carcere, “Gesto estremo”: ecco cosa sta succedendo (2 / 2)

La 23enne, iscritta alla facoltà di scienze infermieristiche, a cui mancavano pochi esami alla laurea, quella che, in un primo momento, aveva denunciato il rapimento della figlia da parte di un commando armato all’uscita dall’asilo, dopo essere crollata dinnanzi alle pressioni delle forze dell’ordine, è in cella, sorvegliata a vista, h24, per paura che possa compiere un gesto estremo o atti autolesionisti o che le altre detenute possano farle del male.

Dopo il crollo, dopo aver vuotato il sacco, si teme il peggio in carcere. Ad assisterla, il suo legale, Gabriele Celeste, che ha dichiarato che la sua assistita non è serena. Finora nel carcere di Piazza Lanza tutto tace. La donna non ha manifestato alcun pentimento, e resta tra le mura carcerarie perché, secondo il gip, vi è la possibilità che possa fuggire, inquinare le prove e, peggio ancora, reiterare il reato, ossia uccidere ancora.

Un delitto, quello di Mascalucia, che ha sconvolto il Catanese e tutta l’Italia, sin sa quando, attraverso i media, si è scoperto l’esito della confessione: la Patti ha sferrato 11 coltellate, alla schiena, al collo, all’orecchio, recidendo l’arteria succlavia. E’ bastata una sola coltellata in quel punto per determinarne l’agonia, sino al decesso, intervenuto non immediatamente.

Ma l’omicidio potrebbe diventare ancora più agghiacciante se venisse confermata l’ipotesi, riportata da alcune agenzie, che la bimba sarebbe stata sepolta quando era ancora in vita. Ovviamente questo è tutto da verificare. Le indagini, intanto, proseguono senza sosta per verificare se le dichiarazioni della Patti siano vere.

Ha agito da sola? Ha premeditato il suo piano, portandolo a segno? Ed ancora: davvero non ricorda dove ha messo l’arma del delitto che non è ancora stata ritrovata? Vi è stato un complice ad aiutarla nell’occultamento o, per davvero, ha fatto tutto da sola? A questi e a molti altri interrogativi gli inquirenti devono fornire una risposta.