Il boato risuonato nella tranquillità della provincia non lasciava spazio a dubbi: si trattava di un’azione violenta di inaudita gravità. L’interrogativo che ha subito colpito le cronache ha trovato una risposta assurda: il bilancio finale ha registrato la perdita di tre membri dei Carabinieri, deceduti nell’azione.
A innescare il tutto sarebbe stata proprio lei, la 63enne Maria Luisa Ramponi, insieme ai fratelli. La ricostruzione degli inquirenti si è focalizzata rapidamente sull’opposizione, disperata e radicale, al provvedimento di sgombero che le forze dell’ordine stavano per eseguire.
Nel vortice delle indagini, un elemento ha riportato l’attenzione su una lucida premeditazione. Solo un anno prima, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, la donna aveva manifestato una volontà estrema, dichiarando apertamente di aver preparato l’abitazione con del materiale adatto a prendere fuoco “per lottare” contro lo sgombero.
Quella confessione, risalente a mesi prima, è diventata l’ombra lunga e concreta che ha avvolto il gesto compiuto da Maria Luisa Ramponi negli istanti in cui si è trovata faccia a faccia con i militari. Neanche davanti al decesso di tre carabinieri la donna non avrebbe mostrato sentimenti di pentimento, gli inquirenti affermano che il gesto potrebbe essere stato messo sù a causa della disperazione.
La Procura di Verona, per la dinamica e per il bilancio umano, ha contestato il reato di strage contro i Ramponi.In una nazione scossa dal fatto in questione, l’attenzione si sposta ora sul dispiacere dei familiari. Le esequie dei tre Carabinieri che hanno perso la vita a Castel d’Azzano si terranno a Padova, un momento di lutto nazionale che unisce idealmente la comunità a un corpo che ha pagato il prezzo più alto.