Mamma uccide il figlio di due anni e lo getta in mare, la confessione (2 / 2)

Adalgisa Gamba, originaria di Torre del Greco, si trova davanti alla Corte d’Assise di Napoli e su di lei pende un’accusa gravissima: quella di omicidio. La 41enne è accusata di aver ammazzato il figlioletto Francesco, di soli 2 anni e mezzo, poiché temeva che fosse autistico. Di questa immane tragedia si è parlato poco rispetto ad altri casi di cronaca, per cui vediamo di ricostruire cosa è accaduto.

Per comprenderla, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, al 2 gennaio 2021. Alle 22:00, dopo una chiamata del marito alle forze dell’ordine, Adalgisa viene trovata sul lungomare di Torre del Greco con il figlio morto, pronunciando frasi senza senso, sino a quando l’arrivo degli agenti, porta ad un’atroce confessione. La donna, dinnanzi ai carabinieri, ha ammesso di aver gettato il figlioletto in mare poiché malato.

Da allora si cerca la verità, affinché la giustizia non rimanga solo tra le pagine dei libri di giurisprudenza ma venga mesa in atto. Gli avvocati che si occupano di difendere Adalgisa ritengono che sia stata colpita dalla depressione post-parto. Il legale Ciro Civitella, che all’epoca ha preso la sua difesa, aveva parlato di vuoti di memoria, di non realizzazione della gravità del fatto commesso da parte della donna. Di tutt’altro parere è il pm, ritenendo che la madre 41enne di Torre del Greco abbia agito con premeditazione, ragion per cui ieri, in udienza, ha fatto leggere alcuni messaggi inviati, alcuni giorni prima, dalla donna, al marito…messaggi il cui testo è stato riportato dal Mattino che sono a dir poco agghiaccianti.

Quanto è brutto“, dice commentando (chissà se ironicamente o meno) una foto del figlioletto, ed ancora: “Cicci non vuole dormire. Secondo te lo vuole il ciuccio, o vogliamo farlo schiattare così perde il vizio?”. I toni dei messaggi sono decisamente diversi in quest’altro messaggio: “La situazione è terribile. C’è qualcosa che non va”. Secondo l’attuale difesa della donna, dietro questo cambio repentino di toni, dietro il passaggio dal tono umoristico a quello drammatico, si nasconde un problema psichiatrico, ragion per cui non ci sarebbe, a loro avviso, alcuna premeditazione. Al fine di far luce sulla capacità di intendere e di volere, il dottor Alfonso Tramontano ha ricevuto l’incarico di procedere alla perizia psichiatrica sulla donna. 

I legali Del Giudice e Coppola che difendono la madre reo-confessa attualmente, hanno dichiarato che ogni volta in cui la incontrano lei domanda loro: “Hanno capito come ho ucciso mio figlio?“. Il cellulare della donna, che è stato ritrovato dai sommozzatori nei giorni successivi all’omicidio, ha parlato. In esso c’è la prova di una serie di ricerche effettuate dalla donna su Google nelle 20 ore che precedono il figlicidio. “Morte bimbo strangolato”, “buttare figlio in mare”, “bambino ucciso perché piangeva”, “ucciso con candeggina”, “strage familiare”, “uccide figlio disabile”e “aggressione con coltello pena”. Queste sono solo alcune delle frasi cercate che vengono interpretate diversamente dall’accusa e dalla difesa. Per l’accusa sono prove della premeditazione e della sua ricerca spasmodica di capire a cosa andava penalmente incontro con l’omicidio. Per la difesa sono la prova lampante che non stava bene.