Lo ha voluto Papa Francesco, il dettaglio che non è sfuggito ai fedeli (2 / 2)

L’elezione di Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, ha colto molti di sorpresa, ma osservando attentamente il suo cammino ecclesiale, appare come una scelta perfettamente coerente con il solco tracciato da Papa Francesco. Agostiniano di origini statunitensi, Prevost ha trascorso vent’anni come missionario in Perù, lavorando nelle periferie e lontano dalle logiche curiali.

Questo background ha consolidato in lui uno stile pastorale semplice, radicato nel Vangelo e profondamente orientato verso i poveri, tratti distintivi anche del pontificato di Francesco. La sua nomina a prefetto del Dicastero per i Vescovi nel 2023 fu un segnale preciso: Francesco stava puntando su di lui, affidandogli il compito delicato di guidare le nomine episcopali e plasmare il futuro della Chiesa.

Il suo profilo basso, lontano dalla visibilità mediatica, ha favorito un percorso di preparazione silenziosa, ma costante, che oggi si manifesta nella scelta del conclave. Non una candidatura costruita a tavolino, ma il frutto di una fiducia maturata nel tempo, dentro e fuori le mura vaticane.

Leone XIV è dunque, idealmente, il “figlio spirituale” di Papa Francesco, destinato a portarne avanti l’opera di riforma e il messaggio di inclusione e misericordia. Con la sua elezione, la Chiesa cattolica sceglie ancora una volta di rivolgersi al mondo con un volto umano, vicino agli ultimi, dialogante e poco incline alle forme di potere. La sua attenzione alle sfide sociali e ambientali è in linea con l’enciclica Laudato si’ e con l’intera visione bergogliana.

Nonostante non ci siano prove scritte, in molti ambienti vaticani si mormora che Francesco abbia favorito con discrezione questa elezione. Prevost, infatti, rappresenta non solo una scelta pastorale, ma anche un segnale forte di continuità e fiducia nel cammino aperto dal predecessore.