La notte, il bambino di cui si parla aveva incubi così spaventosi da costringerlo a coprirsi il viso come per proteggersi da qualcosa di invisibile. Inizialmente, la madre aveva pensato che i suoi comportamenti fossero semplici vizi, ma col tempo si rese conto che il problema era molto più grave di quanto immaginasse.
Ogni giorno, il bambino rimaneva in casa, immobile, a fissare il muro, e la situazione divenne così grave che la madre decise di rinunciare al lavoro per dedicarsi completamente al figlio. La preoccupazione della madre aumentava man mano che il bambino mangiava sempre meno, un segnale inquietante che qualcosa di profondamente sbagliato stava accadendo.
Solo dopo lunghe settimane di incertezze, la verità emerse in tutta la sua sconvolgente gravità. La madre scoprì che il suo bambino era vittima di abusi sistematici da parte di una suora di 36 anni. La scoperta avvenne quando il padre del bambino venne a conoscenza che una delle suore della struttura in cui il bambino era ospitato lo percuoteva regolarmente.
La suora, infatti, era accusata di picchiare il bambino, di dargli pizzichi dolorosi e di rinchiuderlo in una stanza buia, trasformata in una sorta di camera delle punizioni. Questa stanza non era altro che la lavanderia della struttura, un luogo in cui il piccolo veniva segregato come forma di punizione.
Le dichiarazioni fatte al processo hanno scosso profondamente l’opinione pubblica e sollevato interrogativi sulla protezione dei minori in strutture di accoglienza. Le indagini continuano, mentre la giustizia cerca di fare chiarezza su questa triste vicenda e di assicurare alla giustizia la responsabile di tali abusi.