L’evento sismico è stato registrato dai sismografi dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Non si tratta di un fenomeno isolato: una scossa di analoga intensità era già stata rilevata il 19 gennaio scorso, con epicentro a soli 200 metri di profondità.
Nella notte scorsa, alle ore 5:46, una scossa di terremoto di magnitudo 2.6 ha interessato l’area del Vesuvio, con un ipocentro localizzato a circa un chilometro di profondità. Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’Ingv, ha precisato che queste scosse non sono legate a una ripresa dell’attività vulcanica, ma a un fenomeno di subsidenza, ovvero un lento abbassamento del cratere vesuviano, in corso da decenni.
Questo processo, iniziato dopo l’ultima eruzione del Vesuvio, avvenuta il 17 marzo 1944, è ben documentato nei bollettini dell’Osservatorio Vesuviano. Nonostante la magnitudo modesta, le scosse sono spesso avvertite dalla popolazione a causa della loro superficialità e della densità abitativa dell’area vesuviana.
Tuttavia, l’Ingv rassicura: al momento non vi è alcun segnale di attività vulcanica in corso. Il Vesuvio, composto dal Monte Somma e dal cono vulcanico formatosi dopo l’eruzione del 79 d.C. che distrusse Pompei, è oggi in fase di quiescenza. Dal 1944, l’attività si limita a fenomeni fumarolici e a una bassa sismicità.
Il vulcano è costantemente monitorato dall’Osservatorio Vesuviano, che dispone di una rete avanzata di strumenti, tra cui 14 stazioni GNSS permanenti e 4 nuove stazioni installate dopo il 2023, oltre a sensori sismici e geochimici. Questo sistema di sorveglianza garantisce un controllo continuo, permettendo di valutare eventuali cambiamenti e di proteggere le comunità locali.