Italia in lutto, è morto Conte: “I deboli e poveri nel cuore” (2 / 2)

Aveva solo 59 anni ma si è dovuto arrendere ad un brutto male contro il quale combatteva da tempo. Parlo del missionario Biagio Conte, che tutti i suoi seguaci hanno ribattezzato l’angelo dei poveri di Palermo. Parlo di un grande uomo di fede che ha continuano a lanciare, anche nei giorni in cui si era aggravato messaggi di pace e di speranza. “Restiamo uniti per un mondo migliore, insieme possiamo farcela”. Queste le toccanti parole da lui pronunciate giovedì scorso, durante la messa che, dal giorno di Natale, si è celebrata sempre a mezzogiorno davanti alla stanza in cui era in agonia, nella sede della missione in via Decollati.

Sono in tanti a conoscere la sua storia: Conte, deceduto stamattina, 12 gennaio, dopo un’immersione nelle acque di Lourdes, si alzò dalla sedia a rotelle, iniziando a camminare. Purtroppo il tumore al colon, i cicli di chemioterapia e un trapianto al fegato non sono riusciti a salvarlo. Biagio ha lottato sempre schierato a difesa dei meno fortunati, dei poveri, degli emarginati e la sua dipartita è un colpo al cuore per tutti.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha scritto: “Ho appreso con profondo dolore la triste notizia della morte di Fratel Biagio, punto di riferimento, non soltanto a Palermo, per chi crede nei valori della solidarietà e della dignità della persona, che ha testimoniato concretamente, in maniera coinvolgente ed eroica”.Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, sottolineando la grandezza del missionario scomparso, ha scritto: “La scomparsa di Biagio Conte lascia un vuoto incolmabile a Palermo. Anche nelle ultime ore più drammatiche tutta la città si è stretta attorno a fratel Biagio, a testimonianza del valore dell’eredità umana che oggi ci lascia e che non dobbiamo disperdere. Resterà per me indimenticabile l’ultimo incontro di pochi giorni fa con Biagio Conte, durante il quale mi ha raccomandato di non dimenticare mai i poveri. Di fatto, un’eredità lasciata alla città da custodire con senso di responsabilità”.

 Parole forti, che proseguono così: “È con questo spirito che l’amministrazione e la nostra comunità devono stare vicini alla Missione Speranza e carità che continuerà a essere un punto di riferimento per Palermo anche se da oggi dovrà fare a meno del suo fondatore, della sua guida che resterà comunque fonte di ispirazione per tutti noi”. Figlio di imprenditori edili palermitani, a soli 16 anni ha abbandonato la scuola media per lavorare nell’impresa di famiglia, sino alla crisi spirituale e alla scelta di allontanarsi dalla sua città, Palermo, trasferendosi a Firenze, per vivere da eremita. Tornato nell’entroterra siciliano, si è messo in cammino a piedi verso Assisi, al punto che i familiari, preoccupati, parlando della sua scomparsa, chiedendo aiuto a “Chi l’ha visto?”. E’ Biagio stesso, ribattezzato il santo laico, a tranquillizzare tutti.

Rientrato in Sicilia, parte come missionario in Africa come missionario ma la sua Palermo lo chiama, fondando nel 1993 la Missione di speranza e carità che oggi accoglie più di 400 persone in difficoltà. Tanti gli scioperi per la fame fatti in nome di coloro che vengono considerati individui di serie B, i senzatetto che muoiono per strada. Lo abbiamo visto con croce in spalla per accendere i riflettori sulle difficoltà quotidiane della struttura da lui gestita,la Missione speranza e carità in via Decollati, in cui ha accolto papa Francesco e ha avuto modo di conoscere, in seguito, Benedetto XVI.