Una violenta bomba d’acqua si è abbattuta su Cavarzere, in Veneto, nel pomeriggio dell’8 maggio, trasformando strade e campi in fiumi in piena e lasciando dietro di sé una scia di danni ingenti. In soli 30 minuti sono caduti 93 mm di pioggia, un quantitativo eccezionale che ha provocato allagamenti diffusi, con l’acqua che in alcune zone ha superato i 40 cm di altezza.
Le abitazioni, le attività commerciali e le infrastrutture sono state colpite, costringendo all’evacuazione decine di residenti. I Vigili del Fuoco e la Protezione Civile sono intervenuti tempestivamente per soccorrere la popolazione e mettere in sicurezza le aree più critiche, ma i danni sono rilevanti.
Sul luogo dell’emergenza sono intervenute anche unità inviate dal comando provinciale di Venezia, equipaggiate con motopompe e supportate da operatori del nucleo Speleo Alpino Fluviale, esperti in interventi di soccorso in ambienti particolarmente complessi e pericolosi. A pagare il prezzo più alto è il settore agricolo: oltre mille ettari di coltivazioni di mais sono completamente sommersi, aggravando una situazione già critica per molte aziende del territorio.
Di fronte all’emergenza, il presidente di Coldiretti e il sindaco di Cavarzere, Federico Munari, hanno lanciato un appello alla Regione Veneto per ottenere aiuti immediati a sostegno delle imprese colpite e per avviare interventi strutturali di prevenzione. “Serve un piano concreto per mitigare il rischio idrogeologico”, ha sottolineato Munari, “questa non è più un’eccezione, ma la conseguenza di un clima che cambia”.
L’evento riaccende il dibattito sulla vulnerabilità del territorio di fronte a fenomeni meteorologici sempre più estremi. Dopo anni di allerta, la domanda è inevitabile: servono politiche più efficaci per la gestione delle emergenze e la tutela del suolo, o si continuerà a rincorrere le crisi quando ormai è troppo tardi?